La Sala Consiliare di Girolamo Magnani e Cecrope Barilli

Il Palazzo di Giovan Battista Magnani.

Il rovinare della grande torre quattrocentesca di Gherardo de' Fatulis (1441-1476) sul Palazzo Municipale di Parma, il 27 gennaio 1606, non solo aveva provocato alcune decine di morti, aveva soprattutto determinato la rovina dell'intero complesso architettonico precedente. Si trattava di un palazzo gotico, non troppo dissimile da quello omonimo di Piacenza. Di quella configurazione dovette tenerne conto l'architetto Giovan Battista Magnani (1571-1653) incaricato di progettare il nuovo Palazzo per il Consiglio degli Anziani. Ma se il porticato preesistente, il cosiddetto "Portico dei grani" dovette dettare le ragioni funzionali alla formazione e al mantenimento dei portici del palazzo, dall'altro l'impostazione del Magnani dovette essere relativamente innovatrice.

Anche per questo il palazzo del Magnani finiva per avere un valore simbolico.

Rappresentava in sé l'occasione di un recupero del potere della corona ducale rispetto a quello della comunità e dell'alta borghesia e nobiltà cittadina.

La centralità del Palazzo Municipale di Giovan Battista Magnani tra le architetture ducali e la Pilotta , confermava il significato simbolico assunto dall'edificio all'interno della "forma" della città farnesiana.

La residenza municipale venne così idealmente o simbolicamente collegata a quella ducale.

Questa digressione sulla fase farnesiana del Palazzo municipale di Parma serva tuttavia a meglio comprendere il programma di Girolamo ( 1815-1889 ) e del suo "aiuto" di eccezione, Cecrope Barilli ( 1839-1911 ) nella decorazione della "Sala del Consiglio Comunale".


La revisione degli ambienti della "Sala Consiliare" di Parma.

La ristrutturazione della Sala Consiliare del Municipio di Parma data invece dopo l'Unità d'Italia e precisamente al 1880. Solo allora si giungeva all' approntamento di nuovi e più adeguati spazi atti ad ospitare un numero maggiore di consiglieri e un'assemblea di maggiore complessità nella struttura e nel numero dei suoi membri , chiamata ad esprimere una rinnovata capacità di governo della città.

L'idea di attrezzare e decorare in forma significativa il luogo più rappresentativo del Palazzo risale perciò ai primi anni '80 dell'800. Ancora nel settembre del 1883, dopo aver sistemato lo spazio dell'anticamera, si passava alla decorazione delle pareti e della volta per la quale il Consiglio Comunale aveva ritenuto di incaricare un interprete di sicura fiducia quale Girolamo Magnani, il celebre scenografo verdiano ormai quasi settuagenario.

L'artista fidentino, tra il 1876 e il 1877, era stato impegnato a Roma , al servizio dei Savoia , nel Palazzo del Quirinale, nella decorazione del Salone delle Feste, in un'opera dove aveva messo alla prova tutte le risorse di un abile mestiere, in una impresa condivisa con un altro parmigiano, Cecrope Barilli.

I due artisti, prima di operare fianco a fianco per la Sala Consiliare di Parma, avevano all'attivo questa importante esperienza nel Palazzo destinato a diventare la residenza dei Sovrani, con una enfatica esaltazione di Casa Savoia.


La decorazione della Sala Consiliare di Parma

Diverso risulta essere da parte loro l'impegno per la Sala Consiliare di Parma.

Qui la volta a sesto ribassato è immaginata come un'architettura in finta pietra serena, con le nervature in evidenza. Le decorazioni in monocromo incorniciano i riquadri e le lunette poste ai lati. Essa risulta così scandita in tre zone distinte.

Attorno alle tre chiavi di volta si distribuiscono le immagini degli "Uomini Illustri" di Parma.

Si parte da quella nord, con l'immagine di Alessandro Farnese (vela nord), per proseguire con l'immagine di Giuseppe Verdi (a destra di chi guarda ) di Francesco Mazzola, detto il Parmigianino (a sinistra) , di Jacopo Sanvitale (al centro) ; nella vela sud si trova l'immagine di Angelo Mazza (verso sud) , di Paolo Toschi (a destra) di Macedonio Melloni (a sinistra), di Giacomo Tommasini, al centro. I primi sono poeti e artisti rappresentativi della locale stagione delle lettere e delle arti, i secondi sono esponenti delle scienze presso l'Università Parmense, (Melloni e Tommasini).

Fanno da corona ai clipei rispettivamente quattro immagini muliebri, che, sempre in monocromo, reggono i simboli delle virtù. Si distinguono partendo dalla volta nord la Temperanza (a destra), la Prudenza (a sinistra), la Fermezza nella battaglia (a sinistra), la Forza del diritto (a destra); di nuovo nella vela sud spiccano la figura della "Giustizia" (?), della "Firmitas", la Fermezza nelle decisioni, della Ponderatezza, e, forse, dell'Abbondanza.

Esse s'accompagnano alla lunetta con l'immagine dei putti che reggono lo stemma municipale, lo scudo crociato, con la croce blu su campo giallo-oro; dall'altro capo della Sala, in monocromo e ancora sulla volta, compare l'immagine del Torrente Parma, che assume le forme femminili di una divinità fluviale antica.

Le parti artisticamente alte della volta sono da individuarsi nella serie dei due riquadri centrali e delle quattro grandi lunette, opera di Cecrope Barilli.

Il programma che l'artista metteva in atto rifletteva l'ideologia tardo-risorgimentale che era contenuta in una lettera da lui inviata nel marzo 1885 all'Amministrazione Comunale: da una parte vi doveva comparire il sentimento di identità municipale, in ragione del quale la città aveva rafforzato la propria autonomia di contro alla potestà imperiale con l'evento storico ed emblematico della distruzione, avvenuta nel 1248, di "Vittoria", la città voluta da Federico II alle porte di Parma; dall'altra, si intendeva celebrare il concetto dell'Unità della Nazione, espresso attraverso l'atto volontario del plebiscito, in virtù del quale Parma, nel marzo 1860, aderiva al Regno d'Italia.

La proposta di Barilli risultava perciò di fatto onorata con l'accoglimento di queste due scene. E' assai probabile che Magnani, consapevole della cultura e della grande esperienza di decorazione parietale a soggetto civile che Barilli aveva compiuto a Roma, avesse fatto buoni uffici al fine di dare spazio proprio ai progetti del collega.

Nel ridisegno generale dell'impianto si creavano i presupposti per uno spazio figurato ben altrimenti risolto.

Alle quattro lunette poste a decorazione, due per parte, vi si rappresentava un'immagine relativa agli aspetti più celebrati della cultura, dell'economia e della società parmensi.

Qui vi si intravede il sentimento positivo nella società del tempo, nei suoi destini e nelle sue sorti progressive, con un riguardo speciale verso la società locale, le tradizioni e le radici della società parmense.

Partendo dal lato sud troviamo la lunetta con la rappresentazione delle Arti ( la Musica e le Arti), quella esattamente opposta reca il tema della fecondità delle messi ovvero dell'Agricoltura (la feracità della Primavera e dell'Estate); quindi le lunette recano da una parte l'esaltazione della Fecondità delle terre parmensi nell'Autunno e l'Attività serica (allora assai diffusa in questa regione) e dall'altra, quella della locale tradizione nelle Scienze e nelle Tecniche ( la Matematica , la Geometria , l'Astronomia, la Medicina ).

Cecrope Barilli interveniva in prima persona in questi dipinti, come attestano i bozzetti che l'autore ha lasciato.

L'artista vi esprimeva un sentimento di adesione ai temi civili, nazionali e municipali, e una convinta fiducia nella storia. L'immagine delle arti ha vaghe assonanze con repertori emiliano-ferraresi del Ciquecento; lo splendido giovinetto che assiste alla mietitura potrebbe essere una specie di eroe della stagione manierista che induce a guardare all'arte classica, al Giambologna e alle riedizioni dello "Spinario" antico. Databili ad un passato recente o ad un presente prossimo sono le immagini della "Scienza" e quella dell'"Arte della seta" o della Prosperità nei tratti della quale si percepisce qualcosa di tardo-romantico e pre-simbolista.

L'artista con questo programma iconografico intendeva introdurre una "soluzione di continuità", imprimeva il segno di una "rottura" rispetto al recente passato; indicava la singolarità del presente, in una città che con l'Unità d'Italia si andava riattrezzando e dotando di una immagine e di una simbolica nuove, quella post-risorgimentale, sabauda e umbertina e che era chiamata ad affermare una propria retorica, fatta di emblemi e della mitologia intonata al progresso ed al sentimento nazionale.


I simboli dell'indipendenza cittadina e dell' "Unità politica".

Nei due riquadri centrali ricorrono con insistenza gli esempi riferiti all'indipendenza e all'orgoglio della città: da una parte l'immagine della città che, vittoriosa sulle insegne dell'Imperatore Federico II, proclama la propria indipendenza; dall'altra l'immagine sempre di Parma che attesta la sua identità civile nel contesto della raggiunta Unità d'Italia. Qui la data " 11, 12 marzo 1860" campeggia sul cartiglio al centro, con riferimento alla scelta plebiscitaria della città, mentre sullo sfondo, a destra, si intravede il Palazzo municipale, ritornato emblema di una indipendenza effettiva. E proprio la coscienza politica dettava i temi che Cecrope trasceglieva tra quelli del repertorio che aveva già sperimentato nel palazzo de Larderel di Livorno, ma che meglio ancora aveva dettato nel Palazzo della Consulta a Roma, e prima ancora, con la raffigurazione dell'immagine del "Diritto", nel tondo decorato sul grande "velario" di Palazzo Madama sempre a Roma.

L'elogio a favore del tempo presente e perciò delle positive potenzialità delle arti, della cultura, dell'economia e della fortuna feconda delle proprie terre, riportava i temi dalla storia a quei nobili ideali di impegno e di riscatto ai quali aveva fatto appello anche l'artista nel corso della sua impegnativa stagione romana.

Completava il lavoro la "cornice" decorativa fatta di stucchi in finto marmo, di finte zoccolature, realizzate in levigatissime manifatture in gesso. Avevano la funzione di esaltare la pubblica vocazione della Sala gli arredi in ottone, il lampadario e le "appliques" sempre in metallo, che riproducevano un impreziosito disegno a racemo, certamente opera di G. Magnani.

La Sala si completava con l'arredo realizzato per il banco della Giunta, per i banconi del Consiglio e per gli scranni realizzati dal falegname Pietro Zinelli, che li realizzava nel rispetto delle indicazioni ricevute dal Magnani medesimo tra il 1885 e il 1886.

Veniva così ultimato l'arredo di questa Sala Consiliare, che è da ritenersi tra quelle significative dell'Italia del tardo Ottocento.

La sua immagine, simbolo della "recente" stagione del Risorgimento ma anche di una riconquistata identità cittadina, è rimasta intatta - fatta eccezione per poche varianti – sino ai nostri giorni. E' ancora oggi una originale e suggestiva cornice che affianca i lavori del Consiglio Comunale di Parma, della sua Giunta Comunale, del suo Primo Cittadino.

Francesco Barocelli

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