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Il dizionario dei parmigiani
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Aducci-Aguzzoli
Aiani-Ampollini
Anceo-Arzio
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Baebia-Bajardi
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Basalei-Beiliardi
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Credits
Dizionario biografico: Aducci-Aguzzoli [ versione stampabile ]

ADUCCI-AGUZZOLI

ADUCCI MARIETTA, vedi AZZONI MARIA

AEBUTIUS CAIUS PAULLUS
Parma I secolo a.C./V secolo d.C.
Di condizione incerta, coniunx benemerens cui la moglie Sentia Betutia, col quale aveva vissuto quindici anni, pose un’epigrafe documentata a Parma. La lacuna alle ll. 1-2, presente nell’epigrafe d’età imperiale riportata dall’Angeli, che interessa il nomen e il cognomen, può essere colmata in vari modi: il nomen potrebbe essere letto Ae[lius], già presente a Parma, oppure Ae[milius] o Ae[butius], particolarmente frequente nella Tabula Veleiate, e simili. Il cognomen può essere letto Paullus, Paulinus, ecc., cognomina particolarmente frequenti in Italia e nelle province celtiche.
FONTI E BIBL.: M.G. Arrigoni, Parmenses, 1986, 41.

AEBUTIUS MARCUS VERUS
Parma 178 d.C.
Figlio di Marcus. Libero, pretoriano, documentato in latercolo rinvenuto a Roma datato al 178 d.C. La gens Aebutia è diffusa in nord Italia, ben documentata nella Tabula Veleiate, e forse in un’epigrafe parmense. Da ricordare T. Aebutius Parrus, triumvir coloniae deducendae a Parma e a Modena nel 183 a.C., e poi eletto per assegnare viritim terre in Liguria e Gallia nel 173 a.C. Verus è cognomen assai diffuso, comunissimo nelle province celtiche.
FONTI E BIBL.: M.G. Arrigoni, Parmenses, 1986, 42.

AEGRILIUS OLUS PLARIANUS
Parma II/III secolo d.C.
Di condizione con ogni probabilità libera, dedicante in un cippo all’uxor Asicia Frontine, per le caratteristiche paleografiche (P aperta, hedera distinguens, nesso) presumibilmente databile alla media età imperiale. Il praenomen O(lus) corrisponde ad Aulus. Aegrilius, documentato anche senza dittongo, è nomen gentilizio romano frequentissimo a Ostia, donde ebbe origine la gens Aegrilia, che conta personaggi di un certo rilievo. A essa potrebbe appartenere anche O. Aegrilius Plarianus documentato in questo cippo parmense, la cui probabile condizione di rilievo potrebbe essere convalidata anche dalla possibilità che il cippo fosse destinato a sostenere una statua. La gens Aegrilia è documentata rarissimamente nell’Italia settentrionale. Pure raro è il cognomen Plarianus.
FONTI E BIBL.: M.G. Arrigoni, Parmenses, 1986, 43.

AELIA
Parma metà del II secolo d.C.
Dedicatario o dedicataria di un’epigrafe per il (la) coniunx benemerens, forse per sé e suis, in epigrafe parmense nota dalla tradizione antiquaria, ma ora perduta. La gens Aelia è documentata forse in un secondo caso a Parma. Presente nella Cisalpina, soprattutto a Ravenna e Rimini, è frequentissima oltre il Po. Il nomen diventa molto comune nel periodo adrianeo per l’ampia concessione di cittadinanza fatta da questo imperatore; l’epigrafe potrebbe quindi essere stata dedicata dopo la metà del II secolo d.C. Le lacune dell’epigrafe lasciano aperta l’ipotesi che si possa trattare di un nomen ([A]elius/a o simili) ma anche di un cognomen [A]elia[nus], esistente, non tuttavia presente in Cispadana.
FONTI E BIBL.: M.G. Arrigoni, Parmenses, 1986, 44.

AELIUS TITUS ECETIUS
Parma IV/V secolo d.C.
Dedicatario di un’epigrafe in marmo rosso di Verona, presumibilmente databile per le caratteristiche paleografiche, ad avanzata età imperiale, posta da servi quos edukav‹i›t, e da Is‹i›de liberta, di cui forse fu il patronus, et servi. Il cognomen Ecetius, è documentato in questa epigrafe parmense, altrimenti quasi sconosciuto. Si accetta la ricostruzione del nomen in Aelius, già documentato a Parma.
FONTI E BIBL.: M.G. Arrigoni, Parmenses, 1986, 45.

AFFANNI GARIBALDO
Parma 5 marzo1861-Buenos Aires 17 novembre 1917
Nipote del pittore Ignazio, studiò all’Accaúdeúmia di Belle Arti di Parma, dove ebbe per maestro il Ferrarini. Quindicenne par tecipò al concorso perpetuo di Belle Arti a Parma, con la scultura Un putto che impara a leggere, poi esposta a Roma con un’altra. A Parma eseguì monumenti di pregio, quali quelli al tenente generale Pinelli e all’onorevole Arisi. Nel 1887 lavorò al monumento funebre di Anita Ceresini (cimitero di Parma). Nel giugno del 1888 partì per Buenos Aires, dove aprì uno studio, con molto successo, esponendo in varie mostre. In Argentina eseguì, tra l’altro, monumenti a Garibaldi, Umberto I e al finanziere Tornquist, busti di varie personalità e il gruppo La Protesta, dedicato al colonnello Falcón. Sue opere si conservano, tra l’altro, nel Museo historico nacional di Buenos Aires. Morì nel 1917 (non nel 1891 come, erroneamente, registra il Thieme-Becker).
FONTI E BIBL.: Museo nazionale di Antichità di Parma, ms. 12, E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, X (1851-1893); J.F. Sergi, Historia de los Italianos en la Argentina, Buenos Aires, 1940, 476; A. Merlino, Diccionario de los artistas plasticos de la Argentina, Buenos Aires, 1950; U. Thieme-F. Becker, Allgemaines Lexicon der bildenen Künstler, I, 108; B. Molossi, Dizionario Biografico, 1957, 9; A. Ghidiglia Quintavalle, in Dizionario Biografico degli Italiani, I, 1960, p. 353.

AFFANNI IGNAZIO
Parma 22 marzo1828-Borgo San Donnino 20 luglio 1889
Studiò all’Accademia parmense di Belle Arti, ove ebbe maestri G.B. Callegari, F. Scaraúmuzza, G. Gaibazzi e F. Pescatori. Nel 1859 ottenne un pensionato a Firenze, donde inviò a Parma, tra il 1860 e il 1862, numerosi saggi. Tornato a Parma, ebbe numerose cariche ed onorificenze. Fu fatto, tra l’altro, accademico d’onore a Napoli, vinse premi di pittura e mandò i suoi quadri anche all’estero (Gerolamo Savonarola in carcere, all’Esposizione universale di Vienna del 1869). Per definire il carattere della sua arte servono anche i titoli di alcuni suoi dipinti: La figlia di Jefte, Rebecca che si compiace del dono di Isacco, La cacciata dei Medici da Firenze, Bramante presenta Raffaello a Giulio II, Un concerto del secolo XIV. In tutte queste opere, la maggior parte delle quali sono saggi di pensione lisci e convenzionali, ora conservati nella Galleria nazionale di Parma, è evidente il gusto accademico, tratto, a Firenze, da Stefano Ussi. Neppure nei dipinti di soggetto sacro, particolarmente negli affreschi della cappella di San Bernardo nel Duomo di Parma o nei ritratti (Autoritratto, nella Galleria nazionale di Parma), riesce a superare un effetto oleografico e dolciastro. L’Affanni fu enormemente attivo: le sue opere (si dice oltre quattrocento, molte delle quali copie da quadri celebri di Correggio, Tiziano, ecc.), sono conservate, oltre che a Parma, in varie gallerie pubbliche e private. Dopo i facili successi e i lauti proventi, tutti sperperati, visse una misera vecchiaia a Milano, finché fu ricoverato nell’ospizio di mendicità di Borgo San Donnino, ove morì.
FONTI E BIBL.: Museo nazionale di Antichità di Parma, ms. 12, E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, X, 1851-1893, 3-5; Catalogo dell’Esposizione industriale, Parma, 1863-1864, 91-92; La cacciata dei Medici da Firenze del professor Ignazio Affanni, in Il Patriota del 26 aprile e 1° maggio 1865; G. Fornesi, Triste tramonto, in Gazzetta di Parma 1889, n. 211; C. Ricci, Catalogo della Galleria di Parma, Parma, 1896, 171, 180, 181, 184, 258 e 261; N. Pelicelli, Guida di Parma, Parma, 1897, 62; G. Carraglia-G. Ferrari, Omaggio al pittore Ignazio Affanni, Parma, 1904; L. Bénédite, Storia della pittura nel secolo XIX, Milano, 1915, 510; A.O. Quintavalle, La Regia Galleria di Parma, Roma, 1939, 244; A. Pariset, Dizionario biografico dei parmigiani, Parma, 1905, 1-3; U.Thieme-F. Becker, Allgemeines Lexicon der bildenden Künstler, I, 108; Enciclopedia Italiana, I, 677; E.Bénézit, Dictionnaire critique, Paris, 1948, 44; Enciclopedia cattolica, I, col. 365; U. Galetti-E. Camesasca, Enciclopedia della pittura italiana, I, 9; Aurea Parma 1952, 196; A. Ghidiglia Quintavalle, in Dizionario biografico degli italiani, I, 1960, 353; G. Copertini, La pittura parmense dell’Ottocento, 1971, 62-64; Mecenatismo e collezionismo pubblico a Parma nella pittura dell’Ottocento, 1974, 74-75; M. Sacchelli, in Gazúzetta di Parma 17 febbraio 1997, 5.

AFFANNI PELLEGRINO
Parma 1831
Inquisito come sospetto in genere, fu arrestato e poi rilasciato il 19 giugno 1831, con la seguente motivazione: Giovine caldo che dicesi leggesse in Fontevivo e Fontanellato notizie degli affari di Francia tratte da quei giornali e spiegandole in nostra lingua in guisa da suscitare il partito rivoluzionario.
FONTI E BIBL.: O. Masnovo, I patrioti parmensi del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi, 1937, 137.

AFFANNI PELLEGRINO
Parma secolo XIX
Esordì come amoroso con Ghirlanda e, per la venustà della persona e della voce e il calore del sentimento, salì presto a grande rinomanza. Giovanissimo ancora, una sera, subito dopo aver recitato Michelangelo e Rolla, colto da improvviso malore, spirò. Corse allora voce che un compagno d’arte invidioso lo avesse avvelenato, ma non se ne seppe altro.
FONTI E BIBL. Aurea Parma 3/4 1938, 130; M. Ferrarini, Parma teatrale ottocentesca, 1846, 73-74; Aurea Parma 1 1939, 28.

AFFATICATI FRANCESCO
Parma 1831
Venditore di vino, si compromise nei moti politici del 1831 a Parma: fu uno dei primi a disarmare la truppa e proclamare la guardia nazionale il 13 febbraio 1831. Fu inquisito come capo fazioso, con la seguente motivazione: Facinoroso anche prima della rivolta. Fu uno de’ primi che nel 13 febbraio proclamarono la guardia nazionale. Figura nell’Elenco degli Inquisiti con requisitoria.
FONTI E BIBL.: O. Masnovo, I patrioti parmensi del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 137; F. Ercole, Uomini politici, 1941, 23.

AFFO' DAVIDE
Busseto 10 dicembre 1741-Busseto 14 maggio 1797
Nacque da Pietro e Francesca Dalle Donne. Incline alla pittura, fu presentato dal padre al pittore B. Balestra, che non volle accettarlo nella sua scuola. Si volse allora alla letteratura. Fu suo primo maestro il concittadino Bonafede Vitali, detto l’Anonimo. Entrato tra i minori osservanti (assunse il nome di Ireneo) professò filosofia e teologia nelle scuole dell’Ordine finché nel 1768 fu dall’infante Ferdinando di Borbone nominato professore a Guastalla. Qui visse dieci anni, facendo fruttuose ricerche in quell’archivio segreto, sino allora inesplorato, e compiendo studi di letteratura italiana. Scoperti due nuovi codici recanti una lezione dell’Orfeo del Poliziano diversa dalla vulgata, credette fosse quella la lezione genuina e apprestò un’edizione dell’Orfeo tragedia di messer Angelo Poliziano (Venezia, 1776), pregevole per la dotta prefazione e per le note. Ma, come si sa, l’opera autentica del Poliziano è la Fabula d’Orfeo, rielaborata da un contemporaneo (forse A. Tebaldeo) nei cinque atti della tragedia d’Orfeo, poi edita dall’Affò. Nella Dissertazione sopra i Cantici volgari di San Francesco d’Assisi (Guastalla, 1777) si propose, valendosi di un codice da lui scoperto, di dare una lezione esatta del Cantico delle Creature e di togliere, a ragione, a San Francesco tutti gli altri cantici a lui attribuiti. L’Affò negò a San Francesco la gloria di poeta, mancando al suo cantico il verso armonioso e sonoro. Io credo, scrive in una lettera, d’aver fatto un servigio a San Francesco spoetandolo, e spero che solo per questo mio merito mi abbia da pigliare per la chierica e tirarmi dritto in Paradiso (valga la citazione come piccolo saggio del suo stile spesso vivace nelle lettere quanto plumbeo nelle opere erudite). Con analoghi intenti classicistici compilò a vantaggio della studiosa gioventù un Dizionario precettivo critico ed istorico della poesia volgare (Parma, 1777, ristampato a Milano nel 1824), preceduto da un Ragioúnamento su l’origine e i progressi della volgar poesia, e in gran parte derivato dall’opera di F.S. Quadrio. Quest’opera, che un critico dell’Anútologia del Vieusseux avrebbe voluto intitolare Dizionario prosodiaco della poesia italiana, si può ancora consultare per la storia dei metri. Quanto al resto, vi si legge, tra l’altro, in un informe abbozzo di storia della poesia italiana, che Torquato Tasso è di qualche grado inferiore all’eccellentissimo padre suo Bernardo. Nel 1778, proposto dal teatino P.M. Paciaudi, fu nominato vicebibliotecario a Parma, e nel 1785 successe al Paciaudi stesso (morto in quell’anno) come bibliotecario. A questo ufficio si aggiunsero poi quelli di storiografo ducale e di professore onorario di storia nell’Uniúversità di Parma. Dal settembre del 1781 al maggio del 1782 fu a Roma e in altre città d’Italia a esplorare archivi e biblioteche. Negli anni 1785-1787 pubblicò a Guastalla, in quattro volumi, la Storia della città e ducato di Guastalla, poi si diede tutto alla storia parmense. L’Affò è specialmente noto per le Memorie degli scrittori e letterati parmensi (Parma, 1789-1797, 5 voll.), raccolta di minuziose e spesso recondite notizie per la biografia di circa trecento letterati, medici, legisti, filosofi, compilata per sollecitazione del Tiraboschi e poi continuata da A. Pezzana, che mise in opera i materiali preparati dallo stesso Affò per il VI volume, compreso l’abbozzo d’un Discorso intorno alle belle arti parmigiane. I primi quattro volumi sono preceduti dai Discorsi preliminari sulle scuole, la dimora del Petrarca a Parma, la tipografia parmense del secolo XV, le accademie. Opera di vastissimo disegno, troncata dalla morte dell’Affò, è la Storia della città di Parma (Parma, 1792-1795, 4 voll.), che non va oltre il 1346, e fu anch’essa continuata dal Pezzana, il quale diede inizio al volume V col libro XVIII, che giunge al 1374, lasciato inedito dall’Affò. È opera senza vigore di pensiero storico e incondita di stile, meramente erudita: ma così ricca di notizie e di documenti da giustificare il titolo che si dà all’Affò di padre della storiografia parmense. A buon conto U. Benassi alla memoria di lui dedicò la sua Storia di Parma (1899-1906). Lo stesso Ugoni, che giudicò l’Affò ingegno grettamente provinciale, riconobbe che niuno fu di lui più benemerito de’ Parmigiani. Immensa, nonostante le occupazioni di ufficio e di ministero, fu la sua produzione: non meno di centotrentatré opere, tra edite e inedite, e molte voluminose. Trascuraúbili sono le rime sacre e profane, serie e giocose, scritte in gioventù, delle quali dà qualche saggio il Pozzetti nelle note all’elogio che ne scrisse. Delle numerose biografie, poco eleganti, ma tutte lodevoli per amore imparziale del vero e per sicura conoscenza dei fatti e dei documenti che li comprovano, le più degne di nota sono: Vita di Luigi Gonzaga detto Rodomonte, Parma, 1780; Vita di Vespasiano Gonzaga con in appendice gli Annali ebreo-tipografici di Sabbioneta, Parma, 1780; Vita di Monsignor Bernardino Baldi da Urbino, primo abate di Guastalla, Parma, 1783, che è la prima ampia monografia baldiana, fatta di ricerche, oltre che guastallesi, romane, Vita della beata Orsolina da Parma, Parma, 1786; Memorie di tre celebri principesse della famiglia Gonzaga (Giulia, Lucrezia, Ippolita) Parma, 1787, utili alla storia della vita cortigiana e galante del Rinascimento. Parve all’Ugoni il libro più memorabile uscito dalla penna dell’Affò la piccante (aromatica diceva l’Affò) Vita di Pier Luigi Farnese primo duca di Parma e Piacenza, ch’egli non poté pubblicare, impeditone dalla Corte, alla quale non giovava il ricordo del libidinoso e violento tiranno, e che fu edita postuma da P. Litta a Milano nel 1821. L’immenso carteggio dell’Affò, che si conserva nella Biblioteca Palatina di Parma, solo in piccola parte pubblicato, darebbe modo (a giudicare dalle lettere scambiate con G. Tiraboschi, che per un ventennio venne a lui come la monaca alla grata, per proporre i suoi scrupoli al confessore) di seguire il movimento erudito e anche letterario, perché l’Affò fu in relazione con illustri poeti di buona parte d’Italia nella seconda metà del Settecento. A poche opere è affidata la fama dell’Affò come critico d’arte, ma di grande interesse per la messe di notizie fornite e per l’avvedutezza della critica pittorica. Vanno ricordate la Vita del graziosissimo pittore Francesco Mazzola detto il Parmigianino (Venezia, 1783, Parma, 1784), il Ragionamento sopra una stanza dipinta dal celeberrimo Antonio Allegri (Parma, 1794), Il parmigiano servitore di piazza (Parma, 1796), guida di Parma distinta in quattro dialoghi usciti come premessa ad almanacchi del 1793, 1794, 1795 e 1796 e ristampata in volumetto (l’Affò che si finge Frombola, cicerone di professione, dichiara in una lettera di averli buttati giù per divertimento), il Primo abbozzo di un discorso intorno alle arti parmigiane (uscito postumo in appendice, pp. 17-47) al primo volume della Storia di Parma di A. Pezzana (Parma, 1837). Quest’ulútima opera è un po’ una sintesi di molti altri suoi scritti rimasti inediti, tra i quali sono particolarmente notevoli quello su Chiese e monasteri della città di Parma (1780) e quello sugli Artifici di belle arti a Parma, ora conservati nella Biblioteca Palatina di Parma. Nella stessa Biblioteca si conserva una Descrizione della misteriosa stanza di Torchiara (ms. parm. 664), descrizione, purtroppo incompiuta, degli affreschi nella Camera d’oro del castello di Torrechiara, i quali erano stati eseguiti dal cremonese Benedetto Bembo tra il 1460 e il 1470. In tutte queste opere l’Affò rivela non solo la sua abilità di profondo ricercatore e indagatore, che suffraga di documenti e di prove le sue deduzioni, ma anche una chiara visione della storia artistica di Parma da lui riscoperta, come dice giustamente R. Longhi, non per boria campanilistica, ma per forza illuminata e asseverativa di autentici capolavori. Infatti egli mette a punto così i massimi artisti della sua terra, Correggio e Parmigianino, sui quali ha osservazioni non solo pertinenti, ma anticipatrici, nonché i loro principali successori, da F.M. Rondani, al Bedoli, al Bertoja, come i primitivi, da B. Antelami ai quattrocentisti, per i quali esce, come rileva sempre il Longhi, nella migliore e più antica definizione che quel tempo ci abbia mandato di un cauto storicismo in campo artistico: saper uniformare il gusto con filosofica moderazione al genio dei secoli. La fonte di tanta conoscenza e tanta passione per l’arte viene poi additata dallo stesso Affò, che in numerose lettere ricorda la sua aspirazione giovanile alla pittura. L’Affò morì di febbre petecchiale, da lui contratta nel prestare a un’inferma i conforti della religione.
FONTI E BIBL.: Per la bibliografia dell’Affò, cfr. P. Pozzetti, Elogio d’Ireneo Affò, 2a edizione arricchita da L. Bramieri, Parma, 1802; Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, raccolte da Ireneo Affò e continuate da A. Pezzana, Parma, 1825-1833 (tutta la parte I del volume VI contiene la vita e la bibliografia dell’Affò); per l’epistolario, cfr. C. Frati, Lettere di G. Tiraboschi al padre Ireneo Affò, Modena, 1895; A. Neri, Lettere inedite di Ireneo Affò al cardinale Valenti Gonzaga, in Archivio Storico per le Province Parmensi, n.s., V (1905), 129-225; G. Bustico, Lettere inedite del padre Ireneo Affò, Perugia, 1906; G. Simonetti, Lettere inedite di G. Tiraboschi e Ireneo Affò a eruditi correggesi, in Atti e Memorie della Regia Deputazione di storia partia per le province modenesi, s. 5, VIII (1914), 1-418; G. Ferretti, Lettere di Ireneo Affò ad A.M. Bandini, in Archivio Storico per le Province Parmensi, n.s., XV (1915), 169-186; G. Gasperoni, Il carteggio inedito del padre Ireneo Affò con Gaetano Marini, in Archivio Storico per le Province Parmensi, s. 3, III (1941), 144-170; F. Frzop, Padre Ireneo Affò epistolografo, in Archivio Storico per le Province Parmensi, s. 3, VII-VIII (1942-1943), 185-247; per la figura complessiva, cfr. C. Ugoni, Della letteratura italiana nella seconda metà del secolo XVIII, III, Milano, 1856, 303-433; A. Giannini, Il padre Ireneo Affò, Busseto, 1915; G. Natali, Il Settecento, I, Milano, 1856, 402-403, 472; per l’attività erudita e letteraria, cfr. A. Boselli, Ombre d’una famosa contesa letteraria. Il padre Affò sospettato, in Archivio Storico per le Province Parmensi, ns., XV (1915), 187-195; E. Tedeschi, La tragedia d’Orfeo e il padre Affò, Rovigo, 1925; L. Boni, Ireneo Affò storico dell’arte e della letteratura, in Archivio Storico per le Province Parmensi, s. 3, VII-VIII (1942-1943), 249-272; M. Corradi Cervi, L’Affò romanista, in Archivio Storico per le Province Parmensi, 273-283; per la critica d’arte, cfr. R. Longhi, Letteratura artistica e letteratura nazionale, in Paragone V (1954), 13; R. Longhi, Antologia di critici: Ireneo Affò, in Paragone VII (1956), 81-88; R. Longhi, Il Correggio e la Camera di San Paolo, Genova, 1956, 15-19; per altri aspetti particolari, cfr. L. Modona, Bibliografia del padre Ireneo Affò, in Archivio Storico per le Province Parmensi VI (1897), 1-226; G. Ferretti, Appunti per la bibliografia del Padre I. Affò, in Archivio Storico per le Province Parmensi, n.s., X (1910), 21-25; G. Natali-A. Ghidiglia Quintavalle, in Dizionario Biografico degli italiani, I, 1960, 355; T. Lombardi, Ireneo Affò, in I francescani a Busseto, 1963, 163-178; G. Berti, Fattori speculativi nella cultura di Ireneo Affò, in Archivio Storico per le Province Parmensi, 1967, 199-231; D. Medici, Ireneo Affò. Il concorso di filosofia: poema, 1968.

AFFO' IGNAZIO
Borgo San Donnino 1750
Fu canonico e arciprete della diocesi di Borgo San Donnino nell’anno 1750.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indici, 1967, 11.

AFFÒ IRENEO, vedi AFFÒ DAVIDE

AFFOLTI MARIO
Piacentino 1912-Traversetolo 20 giugno 1978
Cappellano in San Sepolcro a Parma, presso don Savazzini, passò quindi in Duomo come mansionario e poi parroco. Nel 1945 fu inviato a Traversetolo per sostituire don Varesi, e vi rimase fino al momento della morte. All’Afúfolti si deve, tra le tante opere, la costruzione del complesso della casa parrocchiale, che ospita la canonica, l’oratorio, il teatro e il bar.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma agosto 1993; S. Moroni, Umanità e fede, 1996, 199.

AGATHANGELLUS
Parma I secolo a.C./V secolo d. C.
Secondo la proposta di interpretazione del Mommsen, si tratterebbe di uno schiavo di C. Titus Onesimus. Agath[a]ng[ell(us)], che svolgeva l’attività di nummularius, morì a ventiquattro anni di età, ed è documentato in epigrafe, perduta, di età imperiale (formula D.M.), postagli dal conservus Donatus. Agath[a]ng[ell(us)] è nome grecanico proprio di schiavi e liberti, diffuso dappertutto, presente anche a Ravenna e Cesena, in questo solo caso a Parma. I nummularii appartenevano a un rango inferiore alla classe dei banchieri pubblici, e forse eseguivano solo il cambio del denaro.
FONTI E BIBL.: M.G. Arrigoni, Parmenses, 1986, 46.

AGAZZI GIOVANNI
Roncole di Bedonia 16 ottobre 1792-Bedonia 19 febbraio 1864
L’Agazzi fu alunno del Seminario di Piacenza e del Collegio Alberoni. Durante la dominazione napoleonica, in seguito a una crisi di coscienza, abbandonò il Collegio Alberoni e anche gli studi che poi, superata la crisi, riprese privatamente sotto la guida del curato di Bedonia Stefano Raffi, già condiscepolo al Collegio Alberoni di Piacenza. Ordinato sacerdote nel 1817, dopo un breve periodo di apostolato a Caneso, fu nominato maestro comunale dell’antica scuola di Bedonia (risalente al Seicento), carica che mantenne fino al 1838, arrivando ad avere 180 scolari. Fu appellato il Maestro per antonomasia, perché versato in ogni ramo dello scibile: istruiva i giovani dalla grammatica alla teologia morale. Il Seminario di Bedonia sorse nel 1846 non senza la sua collaborazione e fu affidato ai Missionari di San Vincenzo, che ne fecero un Seminario di stampo tridentino. L’Agazzi ebbe la cattedra di teologia dogmatica e morale. Per i suoi meriti scolastici, ricevette dapprima la medaglia d’argento e poi quella d’oro. Dopo i fatti del 1848 dovette abbandonare l’insegnamento. Esiliato nel 1850 per le sue idee politiche favorevoli al Risorgimento, nel 1859 re Vittorio Emanuele lo insignì della Croce dei Santi Maurizio e Lazzaro, e alla sua morte ebbe onoranze funebri a spese del Comune. Con sottoscrizioni private gli venne eretto nell’atrio del Seminario bedoniese un monumento. La salma è sepolta nel vecchio santuario della Madonna di San Marco, accanto all’arciprete Stefano Raggi, con cui aveva lavorato per la creazione dell’istituto ecclesiastico e da cui era stato diviso per le idee politiche.
FONTI E BIBL.: A. Emmanueli, Memorie dell’alta Val Taro e Ceno, Piacenza, 1859; A. Emmanueli, L’alta Val Taro e il suo dialetto, Borgotaro, 1886; A. Cavalli, Origini e fondazioni del Seminario di Bedonia, Parma, 1896; L. Squeri, I cento anni del Seminario di Bedonia, Parma, 1946; B. Perazzoli, Agostino Moglia filosofo e polemista, Milano, 1984; B. Perazzoli, Momenti e problemi della cultura piacentina tra ’700 e ’800, Genova, 1984; B. Perazzoli, Briciole di storia, in Araldo maggio 1984; Mensi, Dizionario Biografico Piacentino, 1899, 10-11; Perazzoli, Seminario di Bedonia, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1985, 421-422; F. Molinari, in Dizionario Biografico Piacentino, 1987, 2.

AGAZZI GIOVANNI
Parma 1823/1861
Possidente di Borgo Taro, avvocato. Nel 1823 fu riconosciuto appartenere alla società dei carbonari: Appartenne alla setta de’ Carbonari del 1823. Non trovasi menzione che si sia distinto od abbia preso parte alla rivolta del 1831. Non figura nello stato degl’Inquisiti. Eletto deputato di Borgotaro nella I legislatura, militò nelle file liberali del Parlamento Subalpino.
FONTI E BIBL.: T. Sarti, Rappresentanti Legislature Regno, 1880, 97; T. Sarti, Il Parlamento Subalpino e Italiano, 2 voll., Roma, 1896 e 1898; O. Masnovo, I patrioti parmensi del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi, 1937, 138; A. Malatesta, Miniústri, Deputati, Senatori, 1940, I, 24; F. Ercole, Uomiúni politici, 1941, 23.

AGENO FRANCA, vedi BRAMBILLA FRANCA

AGHINOLFI GIANANDREA
Parma 1565
Di distinta famiglia, nel 1565 soffrì di una vertigine lasciandosi convincere da un visionario di aver trovato le ossa della figlia di Agilulfo e di essere egli stesso disceso da Agilulfo: mutò perciò il suo cognome in Agilulfi.
FONTI E BIBL.: I. Affò, Storia della città di Parma, Parma, 1792, 121; Epigrafi della Cattedrale, 1988, 162.

AGILULFI GIANANDREA, vedi AGHINOLFI GIANANDREA

AGINO
Parma 921
Fu vassallo del conte Adalberto nell’anno 921.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indici, 1967, 12.

AGITATO, vedi SANVITALE ORAZIO FORTUNATO

AGLIO EMILIO, vedi DALL’AGLIO EMILIO

AGNETTI ALBERTO
Berceto 10 settembre 1857-Venezia 27 Maggio 1927
L’Agnetti fece i suoi studi a Parma. Si laureò in medicina e fu assistente alla clinica chirurgica del professor Ceccherelli, dimostrandosi uno dei più valorosi discepoli e collaboratori dell’insigne chirurgo. Fu pure assistente alla clinica di malattie nervose. Fu uno dei fondatori e il primo presidente della Associazione Universitaria Parmense. Medico condotto a Berceto e a Busalla (Genova), si distinse nella epidemia colerica del 1884, e venne decorato di medaglia al valore e della medaglia dei benemeriti della salute pubblica. Passò quindi a Bordighera ove diresse una sua Casa di salute e dove seppe conquistarsi una posizione eminente nella professione, esercitata con grande sapienza presso la numerosa colonia estera, specialmente quella russa. Posizione spiccatissima egli ebbe poi anche a Firenze, ove risiedette per vari anni, curando sopratutto la colonia straniera. Fu fatto Commendatore dal ministro Bacelli. Nel suo 508 di Montecitorio l’onorevole Faelli, scrive che l’Agnetti è uno scienziato elegante, simpatico, profondo, sebbene senza solennità, meritatamente apprezzato dai connazionali come dagli stranieri. A Bordighera divenne, per i suoi meriti e la sua distinzione, popolarissimo; vi fu consigliere comunale e provinciale, Assessore, Pro Sindaco e Presidente della Congregazione di Carità. Fu anche consigliere provinciale sanitario di Porto Maurizio e consigliere comunale a Berceto. Il Collegio di Borgotaro lo elesse deputato per la XXII e XXIII legislatura (novembre 1904-ottobre 1913). Indetti i comizi generali per il 26 ottobre 1913, egli declinò la candidatura, ma il 16 ottobre 1913 venne chiamato a far parte della Camera vitalizia. Ai lavori di essa prese attiva e autorevole parte, acquistandosi la considerazione dei colleghi. Il Senato infatti sempre con votazioni plebiscitarie, lo elesse Segretario il 21 novembre 1923 e lo riconfermò nel maggio 1924. Rivestiva ancora, al momento della morte questa importante carica, e in tale qualità accompagnò nell’aprile 1927 a Milano Sua Altezza Reale il Principe Ereditario. Politiúcamente rappresentò, con Cardani e Faelli, la tendenza conservatrice dei costituzionali di sinistra. Alternò il proprio soggiorno tra Castelganúdolfo, Roma e Venezia, ove acquistò nel 1926 un palazzo sul Canal Grande. Oratore smagliante, dalla forma classica e immaginosa e dall’impeto travolgente, parecchi suoi discorsi lasciarono profondo e duraturo ricordo, come per esempio quello pronunciato nella grande commemorazione di Garibaldi, tenutasi il 24 giugno 1882 nel pubblico giardino di Parma. Il cadavere dell’Agnetti riposa nel sepolcreto di famiglia nella Cappella di Santa Maria del Boschetto, tra il verde del bosco che circonda la chiesetta, cioè nell’oratorio che lo stesso Agnetti aveva fatto erigere in base a un decreto vescovile del 25 marzo 1918.
FONTI E BIBL.: Cimone, Gli eletti della Rappresentanza nazionale per la XXI, per la XXII e per la XXIV legislatura, 3 voll., Napoli, 1902 e 1906 e Milano, 1919; A. Tortoreto, I parlamentari italiani della XXIII legislatura, Roma, 1910; I deputati al Parlamento delle legislature XXIII, XXV e XXVI, 3 voll., Milano, 1910, 1920 e 1922; Nostri Onorevoli, 1909, p. 81; Senatori Parmigiani, in Gazzetta di Parma 17 ottobre 1924, 3; A. Malatesta, Ministri, Deputati, Senatori, 1940, I, 25; B. Molossi, Dizionario biografico, 1957, 9; Per la Bal Baganza 10 1991, 384.

AGNETTI EMMA
Langhirano 1883-1960
Frequentò la scuola fino alla quarta classe elementare. Tutta la sua vita fu rivolta all’aiuto al prossimo. All’inizio del XX secolo costituì in propri locali la prima biblioteca di Langhirano. Anche la prima filodrammatica di Langhirano fu istituita dalla Agnetti nel 1915. Allo scoppio della prima guerra mondiale, l’Agnetti diede vita al Comitato dei Combattenti. Terminata la guerra pensò a quello dei Reduci Combattenti, per il quale andò a Gardone Riviera dove, al Vittoriale, Gabriele D’Annunzio le coniò il titolo: Ramis Recisis Altius. L’opera di carità della Agnetti continuò poi per tutta la vita e in tutti i rami della società. Fu infatti anche la fondatrice della Società Operaia di Mutuo Soccorso della Val Parma. Progettò, già nella metà degli anni Cinquanta, la costituzione, a Langhirano, della Casa di Riposo Val Parma. L’Agnetti non poté vedere realizzato questo suo grande desiderio: dopo la sua morte, occorse ancora un decennio di lavoro da parte di un Comitato promotore, presieduto da Giovanni Rotelli. Dall’anno dell’inaugurazione della Casa protetta Val Parma, nel 1973, nell’ingresso, ci sono tre targhe ricordo. Su una di esse è inciso: Quanti in questa Casa troveranno quiete e serenità ricordino Emma Agnetti Bizzi prima appassionata promotrice. Ricevette dal Presidente della Repubblica l’onorificenza di cavaliere. Fu sepolta nel cimitero di Mattaleto.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 1 febbraio 1999, 31.

AGNIA GRATA
Ramoscello I secolo a.C./I secolo d. C.
Liberta, dedicataria di un sepolcro a lei legato da Decimius. Agnia è nomen presente solo in questo caso in Cisalpina, Grata è invece cognomen comune per liberti, frequente nelle regioni celtiche e nel nord-Italia, documentato tuttavia solo in questo caso a Parma.
FONTI E BIBL.: M.G. Arrigoni, Parmenses, 1986, 46.

AGNOL PICCIONE, vedi COLOMBO MICHELE

AGOLANTI GIOVANNI

Parma 1492
Agrimensore attivo a Parma nell’anno 1492.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indici, 1967, 13.           

AGOLANTI LAZZARO
Parma seconda metà del XV secolo/1506
Ingegnere e fusore di campane operante dalla seconda metà del XV secolo. Nell’aprile 1506 fornì una campana alla Cattedrale di Parma.
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, II, 2.

AGOLANTI PIETRO
Parma seconda metà del XV secolo
Ingegnere operante nella seconda metà del XV secolo.
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, II, 1.

AGOLETTI ALDO
Medesano 1917-Ricas 8 aprile 1941
Figlio di Fioravante, Guardia di Finanza della terza Compagnia, terzo battaglione GL, fu decorato con medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: Mitragliere in zona avanzata, durante una fase critica della lotta, si offriva per compiere da solo ricognizioni in località appena occupata dal nemico. Dopo lunga marcia, attraverso terreno insidioso e malagevole, constatata la parziale distruzione di un ponte in legno, noncurante della intensa reazione avversaria, ne completava l’abbattimento a colpi di ascia. Attraversate nuovamente le posizioni nemiche, per riferire sull’esito della missione, non trovava più il suo reparto che aveva dovuto ripiegare su di una linea arretrata. Rimasto così isolato al di là del fiume, fatto segno a vivace fuoco, ripetutamente invitato ad arrendersi, con lancio di bombe a mano riusciva a sfuggire all’avversario e, benché ferito, raggiungeva la sponda, malgrado la impetuosa corrente, sdegnando l’onta della resa, si liberava degli indumenti e con le sole armi tentava di superare a nuoto il corso d’acqua. Nuovamente colpito, trovava gloriosa morte. Esempio di cosciente coraggio, di elevato sentimento del valore e di sublime amor patrio.
FONTI E BIBL.: Decorati al valore, 1964, 54; Bollettino Ufficiale, 1947, Dispensa 27a, 2708.

AGOSTI ANDREA
Reggio Emilia-Parma 20 agosto 1999
All’Università di Parma si laureò in Medicina e chirurgia e poi si dedicò con grande impegno alla terapia clinica, lavorando come ricercatore nell’istituto di Farmacologia. Le sue ricerche furono pubblicate da riviste italiane e straniere. Poi vi fu una svolta importante nella direzione di quella materia cui l’Agosti dedicò il resto della sua vita, la gastroenterologia, interesse che lo portò a diventare aiuto nella Divisione di Gastroenterologia dell’Ospedale Maggiore di Parma, con il professor Germano Missale, del quale fu fino all’ultimo un prezioso collaboratore. E se all’istituto di Farmacologia l’Agosti si era fatto apprezzare quale aiuto del professor Erspamer, in Gastroenterologia divenne altrettanto noto per la serietà e lo scrupolo delle sue ricerche.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 29 agosto 1999, 9.

AGOSTINI DONATO
Parma seconda metà del XVIII secolo
Stuccatore, fu attivo nella seconda metà del XVIII secolo.
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VIII, 1.

AGOSTINI FILIPPO
Parma 1686 c.-post 1766
Pittore. Viveva ottuagenario nel 1766.
FONTI E BIBL.: P. Zani, Enciclopedia delle Belle Arti, I, 330-331; G. Negri, Biografia Universale, 1842, 8; U. Thieme-F. Becker; L. Caetani, Dizionario Bio-Bibliografico, 1924, 543.

AGOSTINI LINDA, vedi MONTANARI LINDA

AGOSTINO DA PARMA, vedi BERTOLOTTI GIAMBATTISTA

AGOSTINO DA SAN VINCENZO, vedi LEONARDI DOMENICO

AGOSTINO DA SIVIZZANO
Sivizzano XIV secolo
Frate, fu giurista di buon valore.
FONTI E BIBL.: G. Pighini, Storia di Parma, 1965, 99.

AGOSTINO DE BARDI, vedi LANDI AGOSTINO

AGOSTINO FILIPPO, vedi AGOSTINI FILIPPO

AGOSTINUCCI GIANNA
Parma 1931-Parma 20 aprile 1990
Dopo avere frequentato il liceo Romagnosi di Parma si laureò brillantemente in Lettere all’Università di Bologna e iniziò la carriera di docente, ben presto interrotta per il trasferimento a Roma con il marito Giorgio Camúpanini, allora funzionario della Camera dei deputati e in seguito docente nell’Univerúsità di Parma. L’Agostinucci ricoprì una serie di incarichi nell’Azione cattolica nazionale e, dopo il suo ritorno a Parma nel 1974, in quella diocesana: in occasione del referendum sulla legge relativa alla regolamentazione dell’aborto presiedette con grande equilibrio il comitato provinciale per il sì alla vita. A più riprese fu valorizzata dalla Conferenza episcopale italiana, in particolare nei settori della pastorale della famiglia e della catechesi: fece parte dell’équipe che preparò negli anni Settanta il Catechismo dei bambini e fu poi chiamata a far parte del Gruppo di studio incaricato della revisione del testo in vista di una sua nuova edizione. Per alcuni anni si occupò in modo particolare della questione femminile, promuovendo con altre intellettuali cattoliche, nel 1980, la rivista Progetto Donna, del cui Comitato di direzione fece parte fino alla morte. Autrice di numerosi saggi su temi di pastorale e spiritualità familiare, di catechesi e soprattutto sulla problematica femminile, pubblicò vari volumi, tra i quali Essere madre oggi, L’educazione sessuale e la famiglia e, da ultimo, La questione femminile. Chiesa e storia. Apprezzata docente dello Studio teologico di Bologna, ove tenne una serie di corsi, partecipò come relatrice a numerosi convegni, mettendosi in luce per le sue prese di posizione franche e aperte, anche se sempre meditate e misurate. Fu chiamata a far parte del Consiglio provinciale del Cif e della Commissione comunale per le pari opportunità. Costretta da una dolorosa malattia all’immobilità, negli ultimi mesi di vita dedicò la sua attenzione alla ripresa di una originaria e mai del tutto abbandonata vocazione poetica, curando una raccolta di poesie che uscì postuma presso l’Editore Rebellato di Venezia, con il titolo L’anima e la clessidra.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 21 aprile 1990, 6.

AGOSTINUCCI MUZIO
1896-San Marco 20 settembre 1917
Figlio di Gian Giuseppe. Studente, fu sottotenente nel 41° Reggimento Fanteria. Morì nell’ambulanza chirurgica d’armata numero uno, in seguito a emorragia interna per ferita riportata sul San Marco. Fu sepolto nel Cimitero Civile di Massa.
FONTI E BIBL.: Necrologio, in Gazzetta di Parma 23 e 26 settembre 1917; G. Sitti, Caduti e decorati, 1919, 7.

AGOSTO CESARE
Parma XVI secolo
Fu maestro di danza nelle Fiandre nel XVI secolo.
FONTI E BIBL.: T. Garzoni, La piazza universale, Venezia, 1589.

AGRESTI CARLO
Montechiarugolo 1831
Propagatore della rivolta in Montechiarugolo nel 1831. In seguito non fu più considerato pericoloso dalla polizia.
FONTI E BIBL.: O. Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 138.

AGRESTI ISIDORO
-Parma 1624
Fu monaco e poi abate del Monastero di San Giovanni Evangelista di Parma nell’anno 1617.
FONTI E BIBL.: M. Zappata, Corollarium Abbatum, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1980, 111.

AGUANI, vedi AJANI

AGUIARI LUCREZIA, vedi AGUJARI LUCREZIA

AGUJARI LUCREZIA
Ferrara 1743-Parma 18 maggio 1783
Nata da genitori ignoti, sarebbe stata trovata, secondo una tradizione raccolta dal Cavallini, neonata, sopra un letamaio, ferita per i morsi di un cane a un piede (onde poi l’andatura claudicante) da Leopoldo Agujari, che l’adottò. Per altri fu invece sua figlia naturale, o del marchese Bentivoglio. Rivelate presto eccezionali doti vocali, l’Agujari fu affidata dapprima alle cure di Brizio Petrucci, maestro di cappella del Duomo di Ferrara, e poi a quelle dell’abate Lambertini. Dopo il suo debutto nel 1764 a Firenze, fu ricercatissima nei teatri più importanti d’Italia. Dal 1° gennaio 1768 divenne virtuosa di camera e dei teatri ducali della Corte di Parma. Nel maggio dello stesso anno, interpretò a Napoli la parte di Tetide, tecnicamente assai difficile, in una Festa Teatrale (cui erroneamente si dà il titolo di Peleo e Teti) composta da G. Paisiello in occasione delle nozze del re Ferdinando IV con Maria Carolina d’Austria. Particolari successi ottenne a Venezia, al teatro San Benedetto, nella primavera del 1770, cantando nell’opera Vologeso di Giuseppe Colla, di cui interpretò a Genova nell’estate del 1771, al teatro di Sant’Agostino, L’eroe cinese e, nell’estate del 1773, prendendo parte agli spettacoli per la nascita del principe Ludovico, al Teatro Ducale di Parma la pastorale Uranio e Erasitea e l’opera Enea in Cartagine. Il 26 dicembre 1773 inaugurò la stagione di Carnevale al Teatro Ducale di Milano cantando nel Tolomeo, sempre del maestro Colla, e poco dopo ne interpretò una cantata nel palazzo del conte Tomaso Marini. Nell’anno successivo e per vari anni, si recò a Londra, dove cantò ai Pantheon Concerts con l’obbligo di eseguire due sole arie per sera col compenso di 100 sterline. Nel 1770 rientrò definitivamente in Italia. Stabilitasi a Parma, vi sposò Giuseppe Colla, che era maestro di cappella alla Corte. Morì probabilmente di tisi e non, come fu anche detto, di lento veleno propinatole da invidiosi della sua arte. Ebbe funerali pubblici e fu sepolta nella chiesa del Carmine. La sua voce ebbe l’eccezionale estensione di tre ottave e mezza, passando con estrema facilità dal registro grave a quello sovracuto ed eseguendo passi di agilità ineseguibili per ogni voce e solo strumentali. Leopold Mozart ricordava la sua voce da contralto, che poteva scendere al sol grave e il suo do sovracuto, in una lettera da Bologna del 20 marzo 1770, nella quale il figlio Wolfgang, in un postscriptum, annotò i passaggi virtuosistici, cui aveva anch’egli assistito.FONTI E BIBL.: Ferrara, Biblioteca Ariostea, ms. cl. I, 695, G. Cavallini, Cenni storici intorno all’arte musicale di Ferrara; Ch. Burney, A general history of Music, IV, London, 1789, 481 e 504-505; A. Frizzi, Memorie per la storia di Ferrara, V, Ferrara, 1848, 231; F.H. Castil-Blaze, L’opéra-italien de 1548 à 1856, Paris, 1856, 159-160, 164, 209 e 213; L.N. Cittadella, Notizie relative a Ferrara, II, Ferrara, 1868, 271; P.E. Ferrari, Spettacoli drammatico-musicali e coreografici in Parma dall’anno 1628 all’anno 1883, Parma, 1884, 36, 38 e 79; T. Wiel, I teatri musicali veneziani del Settecento, Venezia, 1897, 279 n. 754, 347 nn. 899, 900; N. Bennati, Musicisti ferraresi, in Atti della Deputazione ferrarese di storia patria, XIII (1901), 294-295; N. Pelicelli, Musicisti in Parma nel secolo XVIII. La musica alla corte di Parma nel 1700, in Note d’Archivio per la storia musicale, XI (1934), nn. 3-4, 272 e 280; R. Giazotto, La musica a Genova, Genova, 1951, 201, 233-234, 236, 342 e 343; Mozart in Italia. I viaggi e le lettere, a cura di G. Barblan e A. Della Corte, Milano, 1956, 229-230; F.J. Fétis, Biographie universelle des Musiciens, I, Paris, 1873, 36-37; G. Grove’s Dictionary of Music and Musicians, I, London, 1954, 73-74; Enciclopedia dello Spettacolo, I, coll. 186-187; R. Nielsen, Dizionario Biografico degli Italiani, I, 1960, 509; G.N. Vetro, Lucrezia Agujari, la Bastardella, 1993.

AGUSTA GIOVANNI
Parma 4 ottobre 1879-
Figlio di Marco Antonio e Maria Bolzoni. Pioniere dell’Aeronautica Italiana. Appassionato dell’aviazione e delle sue realizzazioni, costruì nel 1909 un apparecchio planeur biplano con cui eseguì vari voli il 14 e 15 febbraio 1910 a Capua sulla Piazza d’Armi, rimorchiato da un’auto: voli notevoli di qualche centinaio di metri. Ideò e costruì un paracadute applicabile all’aeroplano, che alla prova (1911) diede buoni risultati. Dopo essere stato con Gianni Caproni a Vizzola Ticino, poi a Tripoli, Bengasi, Foggia, si stabilì a Cascina Costa dove iniziò la costruzione di planeurs per volo a vela con motorino ausiliario. FONTI E BIBL.: E. Grossi, Eroi e pionieri dell’aria, 1934, 4-5.

AGUZZOLI CAMILLO
Parma 29 maggio 1809-Piacenza 16 marzo 1832
Frate cappuccino, fu chierico suddiacono dotato di virtù e ingegno. Compì la vestizione a Piacenza il 16 settembre 1826, e la professione di fede, nella stessa città, il 17 settembre 1827.
FONTI E BIBL.: Registro Conventuale di Piacenza, II, 706; F. da Mareto, Necrologio Cappuccini, 1963, 185; C. Cabassi, L'Agusta è partita da Parma, in Gazzetta di Parma, 13 giugno 2011, p. 5.

AGUZZOLI FRANCESCO
Parma 18 novembre 1878-Parma 1949
Figlio di Camillo e Ortensia Valenti. Dedito, come il padre, alla professione forense, prese parte attiva alla vita pubblica militando nelle fila liberali. Giovanissimo fu sindaco di Sala Baganza e quindi consigliere e assessore nelle varie Amministrazioni liberali che ressero il Comune di Parma. Uomo apparentemente modesto, ma di reale valore e di grande competenza giuridico-amministrativa, fu chiamato a dirigere enti e associazioni varie. Morì mentre era giudice conciliatore capo e presidente del Partito Liberale Italiano di Parma.
FONTI E BIBL.: B. Molossi, Dizionario Biografico, 1957, 10.

AGUZZOLI LUIGI
Parma 1831
Custode della dogana di Parma, fu uno dei liberali parmigiani maggiormente compromessi (uno dei più esaltati nella rivolta) nei moti del 1831. Come capo della guardia nazionale, favorì, anziché reprimere, i disordini. Apparútenne al consesso civico di Parma. Lo si designò come uno dei disarmatori della truppa, e tra coloro che provocarono la morte del capitano Rota. Con decreto sovrano del 4 maggio 1831, fu inquisito e sospeso per sei mesi dall’impiego.
FONTI E BIBL.: O. Masnovo, I patrioti parmensi del 1831, in Archivio Storico

 

 
 
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