Grande è l’adulto, il genitore, l’educatore e la guida. Grande diventa il cucciolo, il bambino, il figlio e l’allievo. Cattivo diventa il grande quando perde sensibilità e controllo. Quando agisce senza coscienza: alza la voce, non ascolta ragioni o semplicemente da regole dure da seguire. E così esce fuori l’orco che è in lui. L’urlo dell’orchessa, l’irruenza del gigante. La minaccia che si fa fame di giovane carne umana. Cattivo diventa il piccolo quando, crescendo, ha a che fare con le prime responsabilità, quando vedendo il suo corpo trasformato e sentendosi più forte, comincia a rivendicare una libertà senza regola né prezzo. Non è più disposto a rispettare il grande perché deve costruire la propria identità.  Disubbidisce, ruba, racconta frottole, risponde male e si chiude in camera o scappa. Eppure nell’immaginario fiabesco il giovane, attraverso varie peripezie, consuma il suo ruolo di eroe, quindi di buono. Mentre gli antagonisti -orchi, orchesse, genitori, matrigni e matrigne- fungono da opposizione necessaria durante questa fase liminare, quindi da cattivo.

La nostra riflessione, concependo queste due facce come aspetti complementari di un’incomunicabilità fra generazioni, opera una ricomposizione degli schemi fiabeschi, mettendo in luce l’umanità dell’antagonista per stimolare un ampliamento della visione dell’altro, il diverso.