Il XX secolo di Parma si apre nel segno chiaro, limpido, di Cecrope Barilli (1839-1911) che dopo aver acquisito valore internazionale a Roma e Parigi, rientra a Parma nel 1878 per assumere la cattedra di figura presso l’Istituto di Belle Arti del quale sarà direttore. Nella veste di insegnante traghetta la pittura parmigiana dal vecchio al nuovo secolo, gli allievi lo seguono nel mantenimento del realismo e del naturalismo. Cecrope ha rappresentato un punto di riferimento nella pittura italiana del tardo 1800, non si è lasciato influenzare dal decadentismo e la sua poetica diventa fondamentale per i suoi allievi: Daniele De Strobel (1873-1942), Amedeo Bocchi (1883-1976), il figlio Latino Barilli (1883-1961), in scultura Brozzi e Trombara. Roma in quel periodo è la meta unica per gli artisti che vogliono aggiornarsi e sprovincializzarsi. Bocchi si ferma stabilmente già dal 1902, a 19 anni. Latino invece andrà a studiare prima a Monaco di Baviera da Von Stuck e solo nel 1907-08 a Roma. Lo spostarsi a Roma è dovuto anche al fatto che dopo la caduta del Ducato (1859) l’Accademia è declassata a Istituto d’arte, non più in grado di offrire una forte preparazione. Partendo dagli artisti presenti in questa sala, un posto d’onore spetta ad Amedeo Bocchi (1883-1976). Nasce il 24 agosto 1883 a Parma, dove frequenta come detto l’Istituto di Belle Arti diretto da Cecrope Barilli. Su sollecitazione dello stesso, nel 1901 si iscrive alla Scuola Libera del Nudo dell’Accademia di Belle Arti di Roma, ma, pur entrando in contatto con l’ambiente artistico della capitale, intraprende una sua strada autonoma dedicandosi principalmente alla pittura di impegno sociale e ai ritratti. La lunga vita di Bocchi (muore a 93 anni) è costellata da gravi lutti: la prima moglie Rita muore dopo soli tre anni di matrimonio; le seconde nozze del 1919 con la giovane modella Niccolina si concludono con la malattia e la precoce scomparsa di quest’ultima nel 1923; l’amatissima figlia Bianca, avuta dal primo matrimonio, lo lascia, a soli 26 anni, nel 1934. Gli eventi luttuosi lo segnano fortemente spingendolo ad un ritiro dal mondo, ma non dalla pittura che rimane la sua unica ragione di vita. Il disegno qui esposto presenta una testa di donna a matita, carboncino e biacca, anche in questo caso una figura femminile. L’opera è datata 1913, realizzata nel periodo della Scuola del Nudo all’Accademia di Belle Arti di Roma. Come ha ben scritto Roberto Tassi, forse uno dei critici assieme a Luciano Caramel che più di tutti ha capito l’importanza e l’autonomia della pittura di Bocchi, denota come in tutta la sua produzione non vi è una ricerca impressionistica, ma un’emozione fresca sulla natura e sulla capacità di dominare la luce del pittore, come in questo volto luminoso. Renato Vernizzi (1904-1972) nasce a Parma, inizia a dipingere giovanissimo, sia il padre che il nonno erano decoratori. Nel 1922 inizia gli studi all’Accademia di Parma sotto la guida dell’importante pittore Paolo Baratta, che darà un impronta alla sua prima attività. Notiamo nel disegno, ancora giovanile, un affettuoso sentimento psicologico che animerà sempre la pittura di Vernizzi. La figura è descritta con attenzione è Clotilde Cavalli, detta Tilde, sorella della moglie pittrice Maria Teresa. Parma gli dedicherà una mostra importante (Dal Chiarismo al naturalismo) nel 2005 proprio qui a palazzo Pigorini, dove era presente un ritratto ad olio di Clotilde Cavalli. Di Donnino Pozzi (1894-1946) abbiamo nella nostra collettiva due opere che esemplificano al meglio la pittura dell’artista di Fontanellato, un paesaggio ed una natura morta. Allievo di Strobel all’Accademia di Belle Arti, dove si era iscritto nel 1917, l’artista ne trasse importanti suggestioni, specie in ordine alla vitale scioltezza del tratto, ad una tavolozza che si esprime per brillanti impasti di colore, sempre interpretati con una lettura personale che si traduce in una particolare predilezione per certe cromìe accese (per esempio i rossi in tutte le declinazioni o i neri e i marroni dalla trattazione calda e vaporosa) che rinviano da un quadro all’altro, e alla capacità di cogliere i soggetti effigiati con grande spontaneità, ma anche con una sicurezza compositiva ed una felice luminosità che sono il segno di una personale eleganza. Atanasio Soldati (1896-1953) è stato un pittore fondamentale per la storia dell’arte astratta italiana del secolo scorso, nasce e muore a Parma ma la sua fortuna artistica sarà legata indissolubilmente a Milano (avverrà tardi come ricorda Carlo Arturo Quintavalle, che paragona giustamente la carriera di Soldati a quella di Gaibazzi, entrambi messi ai margini e non inizialmente compresi). Il suo primo studio si affacciava verso la chiesa di San Giovanni, il paesaggio circostante fu fonte di ispirazione per i numerosi studi e schizzi dei suoi primi approcci con la pittura, erano gli anni da studente di architettura a Parma dove si laureò nel 1921. Sono questi gli anni in cui realizza questa matita a contè raffigurante il ponte della Navetta, anni in cui realizza le prime mostre e collaborazioni di architettura. Ma la provincia gli sta stretta e nel 1925 si trasferisce a Milano, la frequentazione dell’ambiente culturale e artistico milanese furono nuova linfa per il pittore. Soldati fin dai primi anni milanesi fu tra i protagonisti e fondatore di una nuova idea di arte, assunse una posizione di leader all'interno delle correnti d'avanguardia, fu il fondatore del M.A.C., il Movimento Arte Concreta, insieme a Dorfles, Monnet e Munari. Arnaldo Spagnoli (1906-1989) nasce a Parma, dopo essersi avvicinato a interessi musicali nell’adolescenza, frequentò l’Istituto d’arte Paolo Toschi, diplomandosi in scenografia nel 1925. Nel 2005 alla Galleria del Teatro gli venne dedicata (a cura del figlio Stefano) una mostra dal titolo Wietzendorf, nome del lager nazista in cui fu prigioniero, una mostra di acquerelli che l’artista realizzò all’interno del campo. Renzo Barilli (1922-1991) figlio di Latino e fratello di Aristide e Anna Barilli (entrambi pittori), nasce e cresce nella grande famiglia Barilli, fondamentale nella storia della pittura parmigiana del secolo scorso. Pittore che parte dall’analisi degli affetti familiari verso la realtà naturale con il carico però delle inquietudini che il dopoguerra portano anche a Parma. Negli anni degli accesi contrasti tra astrazione e figurativismo Renzo, come altri pittori, ha il merito di capire la necessità di un nuovo dialogo con la natura e la società. Il padre Latino Barilli (1883-1961), di cui abbiamo parlato all’inizio nella descrizione della prima sala, è qui proposto con 4 opere (3 nella seconda sala), a testimonianza dell’importanza del pittore. Latino seguì il fratello Bruno nei suoi viaggi, in particolare a Monaco di Baviera, dove Bruno intraprese i suoi studi musicali (1903 e poi 1913). La scelta si dimostrò determinante per il suo sviluppo artistico, un decennio ricco per un ragazzo giovane che poteva assorbire influssi da altri artisti. A Monaco Latino frequentò l’atelier di von Stuck e varie mostre di van Gogh, Munch e altri grandi artisti, interessandosi alle varie correnti, tra cui quelle postimpressionistiche e simboliste. L’Odalisca, purtroppo non datata, dovrebbe ascriversi a questa fase, almeno per quanto riguarda la riproposizione simbolista dello stile di von Stuck.