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La stampa periodica a Parma [ versione stampabile ]

LA  STAMPA  PERIODICA  A  PARMA (1860-1876)

I plebisciti del marzo 1860 che sancirono l’annessione dell’ex Ducato di Parma e Piacenza (governati provvisoriamente dal giugno 1859 dal dittatore Luigi Carlo Farini) al Regno di Sardegna rappresentarono per gli antichi sudditi dei Borbone un deciso passo in avanti nel conseguimento di diritti civili e sociali fino ad allora sconosciuti. La progressiva armonizzazione delle leggi ducali con lo Statuto Albertino e la legislazione liberale del Piemonte aprì infatti nuovi scenari di libertà.
Una delle novità più importanti e più pregne di significato fu a questo proposito l’introduzione della libertà di stampa che provocò, specialmente a partire dalla metà degli anni Sessanta del diciannovesimo secolo, un vero e proprio “boom” nella pubblicazione di giornali, bollettini di vario genere e riviste specializzate(1).
Un primo, forte segnale di cambiamento fu la trasformazione della Gazzetta di Parma – storico quotidiano cittadino fondato nel 1735 – che, dopo un biennio di traversie finanziarie e di incertezze causate dalla caduta del governo ducale che ne deteneva la proprietà, dal 1862 subì un processo di privatizzazione(2) passando sotto il controllo di Davide Rabbeno. Il nuovo proprietario e direttore, pur mantenendo la tradizionale pubblicazione di atti e bandi ufficiali del Governo, diede infatti al giornale un’impronta più moderna con l’inserimento di articoli di cronaca e di politica(3).
Il grande concorrente della Gazzetta fu sulle prime il quotidiano Il Patriota, espressione della Sinistra moderata, che si impegnò tra l’altro nella raccolta di adesioni per la fondazione della Società degli operai di Parma. A partire dal 1867 si assistette poi all’entrata in scena de Il Presente, campione delle istanze politiche della Sinistra radicale con non infrequenti deviazioni democratiche e repubblicane, che ingaggiò con la Gazzetta, espressione della Destra, vere e proprie battaglie politiche dai toni spesso molto aspri.
Accanto a questi tre quotidiani che attraversarono quasi interamente il periodo di governo della Destra storica (segnaliamo altresì l’Indipendente, che ebbe breve durata), fiorirono vere e proprie riviste di approfondimento politico come i settimanali La Domenica (1863), strettamente legato alla Gazzetta di Parma che lo pubblicava nella sua tipografia, e Rivista parmense politica, economica e letteraria (1864) che, contestualmente ad articoli di attualità politica nazionale ed internazionale, si occupavano di temi di rilevanza locale come, ad esempio, la riorganizzazione del sistema scolastico, la necessità di nuove infrastrutture stradali e ferroviarie e la guerra contro il colera, vera e propria piaga dell’epoca. Rimanendo in ambito politico, non va dimenticato il settimanale l’Artigiano (1861), organo ufficiale delle società di mutuo soccorso e L’Amico dell’Operaio (1865) che, concepito inizialmente come manuale di educazione civica e morale per operai e contadini, nell’approssimarsi delle elezioni politiche del 1865 subì una vera e propria metamorfosi diventando sotto la direzione di Francesco Caprara una rivista di propaganda politica a favore dei candidati della Sinistra. Chiusa la parentesi elettorale, però, il giornale ritornò alla vecchia proprietà e, conseguentemente, all’originaria linea editoriale. La trasformazione dell’Amico dell’Operaio rimanda per altro ad un fenomeno editoriale che si ripeté: la fondazione e la pubblicazione di periodici in occasione delle elezioni politiche e la loro successiva chiusura a tornata elettorale conclusa. Esempi di questa singolare “moda” sono i quotidiani Il Nuovo Patriota (prosecuzione del già citato Il Patriota), che durante le elezioni del 1870 sostenne in maniera inequivocabile i candidati locali della Destra e l’Elettore politico, nato per iniziativa del Comitato Elettorale del partito liberale monarchico, che alle elezioni del 1874 si fece paladino della Destra non risparmiando pesantissimi attacchi al Presente, definendolo « bellicoso campione della Repubblica ».
Nel già ricco panorama della pubblicistica locale segnaliamo poi Il Miserabile, primo settimanale socialista pubblicato a Parma (1873), che ebbe vita breve e travagliata: dei soli dieci numeri pubblicati (con l’aggiunta di un supplemento), ben cinque furono sequestrati da parte dell’autorità giudiziaria.
Le disavventure giudiziarie del Miserabile aprono un tema che meriterebbe un approccio analitico ben più profondo rispetto alle poche righe di questo breve saggio introduttivo: la censura. Si parlava precedentemente degli enormi progressi nel campo dei diritti di cui si giovarono i vari territori che entrarono via via a far parte del Regno di Sardegna prima e dal 1861 del Regno d’Italia; non va però trascurato che questa progressiva – e per certi versi repentina – unificazione dello Stato Italiano di realtà locali spesso profondamente diverse tra loro poneva ai governanti l’esigenza di una omogeneizzazione dell’azione amministrativa che fu risolta con un forte accentramento dei poteri attraverso l’istituzione in ogni provincia delle Prefetture, veri e propri strumenti di controllo diretto del governo centrale sulle diverse realtà locali. La necessità di tenere unita la nuova compagine statale si tradusse, in altre parole, in un sistema di rigida vigilanza su ogni aspetto sociale e politico della vita di ogni comunità locale e proprio la stampa ne costituì uno dei bersagli preferiti. Tornando alla realtà parmense, si può certamente affermare che esisteva una politica volta a favorire (o quantomeno a tollerare) quei periodici che mantenessero una linea politica moderata e, di contro, a rendere la vita difficile a quelli che mostrassero tendenze estremistiche, fossero essi espressione della nascente realtà socialista (Il Miserabile), oppure del radicalismo democratico (Il Presente). Proprio il quotidiano fondato da Francesco Caprara nel 1867 e da questi diretto con l’avvocato Enrico Arisi ed il docente universitario Andrea Ferrero-Gola, fu il bersaglio più assiduo della censura: subì svariati sequestri, uno dei suoi gerenti(4) – Luigi Silvestri – fu condannato al pagamento di una multa per la pubblicazione di un articolo diffamatorio su due agenti della forza pubblica. Ancor più pesanti poi furono le conseguenze del presunto appoggio dato dal quotidiano ai moti contro la tassa sul macinato del gennaio del 1869: il giornale fu chiuso e i direttori Arisi, Caprara e Ostacchini (che aveva preso il posto di Ferrero-Gola)(5) furono incarcerati. Meno drammatiche ma altrettanto significative di quali fossero le reazioni alla linea politico-editoriale del Presente, furono altre due vicende: nella prima l’intera redazione del giornale fu scomunicata dalla Chiesa; nella seconda un redattore fu addirittura sfidato a duello dal figlio dell’Onorevole Pietro Torrigiani, che voleva vendicare nel sangue una serie di articoli che gettavano pesanti allusioni sulla condotta morale del padre(6).
      
Il dibattito politico, i grandi e piccoli temi dell’attualità estera, nazionale e locale finivano poi per entrare anche nelle pagine di quei giornali che facevano dell’amore per le lettere, le arti, il teatro e la semplice evasione il loro indirizzo programmatico come, ad esempio, i mensili Il Cantastorie (1866) ed Il Letterato Moderno (1866) ed il settimanale La Speranza (1873).
      
Un altro filone pubblicistico fecondo fu quello satirico dove, con l’eccezione de Il Capriccio (1865), che si proponeva di  «strappare un sorriso con buon gusto e senza eccessiva vena polemica per non trovare rogna da grattare in alcun luogo(7)», ritornavano puntuali le contrapposizioni tra la Destra e la Sinistra più meno radicale: se infatti il settimanale Il Diavoletto (1871) ed i seguito il suo erede quotidiano L’Asdente (1875) tradivano una chiara inclinazione verso la Destra monarchico-costituzionale, L’Ortica (1875) – stampata per un certo periodo dalla tipografia del Presente – abbracciava le idee progressiste della Sinistra. Decisamente equidistante dai due schieramenti era invece Il Barabba (1876) che, forse proprio per questo atteggiamento che oggi definiremmo “qualunquistico”, venne spesso attaccato dai diretti concorrenti del settore: Il Diavoletto lo accusò di cavalcare l’onda di un umorismo facile, volgare e talvolta sgrammaticato; L’Asdente  lo definì «stupidamente scurrile».
      
Totalmente avulso da ogni contesto, ma straordinariamente importante ed a suo modo rivoluzionario per la modernità dei temi trattati fu invece il bisettimanale La Voce delle Donne (1865), che seppe anticipare di un secolo le problematiche legate alla condizione femminile come il ruolo della donna nella società, all’interno della famiglia, nella politica, nella letteratura e nell’industria(8)
      
La libertà di stampa, tuttavia, non costituì solamente l’occasione per registrare ed indirizzare l’umore (ed i voti) dell’opinione pubblica, ma divenne un insostituibile strumento di comunicazione per le istituzioni pubbliche e private. Il primo esempio ci è fornito dalla pubblicazione a partire dal 1860 degli Atti del Consiglio Provinciale, minuziosa raccolta dei verbali delle sedute del neonato Consiglio, che rappresentano ancora oggi una preziosa lente d’ingrandimento per conoscere e studiare le problematiche amministrative ed i grandi temi di dibattito dell’epoca (infrastrutture stradali e ferroviarie, sanità, scuola ed educazione). Altro importante strumento di comunicazione fu a partire dal 1865 il Bollettino della Prefettura che, pur con periodicità irregolare fino al 1876, era una raccolta di circolari prefettizie e ministeriali che testimoniano quale fosse l’attenzione ed il controllo che il fortemente centralizzato Stato italiano prestava alle realtà locali.
Diretta espressione della società civile, ed in particolare dei ceti produttivi, furono, ad esempio, il Bollettino Commerciale ed Agrario della Provincia di Parma (1864), il Bollettino Mensile della Camera di Commercio (1865) ed il Bollettino del Comizio Agrario Provinciale (1868). Le pubblicazioni di questo genere, oltre a fotografare lo stato del commercio, dell’agricoltura e dell’industria locale per mezzo di rilevazioni statistiche e relazioni annuali sull’andamento economico delle imprese, si facevano portatrici di idee e suggerimenti nei confronti delle istituzioni politiche come, per citare un esempio, la necessità della costruzione della ferrovia tra Parma e La Spezia, vero e proprio motivo conduttore della stampa parmense dell’epoca di ogni genere e colore politico.
Non meno interessante, poiché mossa dall’obiettivo di dare radici storiche condivise al nuovo Stato, è la pubblicazione degli Atti e memorie delle Regie Deputazioni di Storia patria per le province modenesi e parmensi (1863); di natura più tecnica, ma senz’altro pregnante dal punto di vista scientifico è il Bollettino di paletnologia italiana (1875), diretto da Luigi Pigorini, responsabile del Museo d’Antichità di Parma. Una pubblicazione particolare e per certi versi innovativa è poi senza dubbio il Diario del Manicomio Provinciale di Colorno (1873) che, contestualmente a rilevazioni statistiche, propose articoli sul trattamento dei malati psichici che spiccavano per l’eccezionale modernità delle terapie da applicarsi.
Rimanendo in campo sociale, una grande importanza veniva attribuita al tema dell’istruzione, ritenuta da ogni parte politica uno dei pilastri fondamentali per l’edificazione dello Stato: proprio la promozione dell’istruzione e dell’educazione civica furono i motivi che ispirarono i settimanali Il Monitore delle famiglie e delle scuole (1862) e La sentinella della libertà (1873), giornale che raccolse l’eredità de Il Miserabile e che ne condivise la breve durata (sette numeri appena) ed i guai giudiziari. Sempre in questo campo non vanno trascurati i contributi di due periodici che erano espressione di due collegi cittadini: Il Convittore (1872), notiziario del Collegio Ferrari-Aggradi, e Il Taverna (1875), che prese il nome dal fondatore dell’omonimo collegio.
In campo accademico, oltre all’Annuario della Regia Università di Parma, antenato delle moderne guide orientative per gli studenti, è meritevole di segnalazione il mensile Lo Studente Veterinario (1875), emanazione diretta della Scuola di Veterinaria, che pubblicava nelle sue pagine dispense delle lezioni, parti di trattati e brani di giurisprudenza veterinaria.
      
Se da un lato questa sintetica ricognizione sulla stampa parmense all’epoca della Destra Storica testimonia il grandissimo fermento culturale e politico che permeava l’ex capitale ducale, dall’altro potrebbe risultare eccessivamente entusiastica e fuorviante. Va infatti sottolineato che, se le tipografie cittadine(9) erano costantemente impegnate nella stampa di nuove testate, in realtà la vita dei periodici era straordinariamente breve e solo tre quotidiani riuscirono a varcare la significativa soglia dei cinque anni di diffusione: la Gazzetta di Parma (ancora oggi nelle edicole), Il Patriota (dal 1859 al 1870, ripubblicato nel 1870 come Nuovo Patriota e tornato alla dicitura originaria nell’anno successivo, ma con periodicità settimanale) e Il Presente che, tra varie peripezie, sequestri, chiusure protratte anche per lungo tempo e cambiamenti di periodicità, sopravvisse fino al 1917.
La spiegazione di questo fenomeno va ricercata nel fatto che, a fronte di una pluralità di offerte editoriali, il bacino d’utenza dei lettori era ridottissimo: il censimento del 1861, infatti, rivelò a livello provinciale un tasso di analfabetismo dell’81.6%, ridottosi dieci anni più tardi al 77.3%; applicando questa percentuale al numero di abitanti dell’intero territorio parmense che, nel 1861, era di 256.066 unità, si ottiene un numero di 47.000 potenziali lettori; da questo numero va però scorporata la percentuale di semianalfabeti (19.5% a livello nazionale, più alta nel parmense) e, considerando infine che solo il 2.5% della popolazione era in grado di leggere e scrivere correntemente, il numero di potenziali lettori scende circa a 6.000 persone.
      
Strettamente conseguente alla penuria dei lettori era la mancanza di mezzi economici in un’epoca in cui la pubblicità, pur essendo già presente, non veniva avvertita come utile strumento di finanziamento; dalla lettura dei periodici, poi, si evince come fosse il giornale a “cercare” il lettore e non viceversa: non esistendo le edicole, infatti, la distribuzione avveniva  presso le tipografie stesse in improvvisati banchetti oppure attraverso l’opera degli “strilloni” nelle vie centrali della città, ma più frequentemente attraverso la spedizione postale del primo numero di ogni periodico al destinatario; se questi non lo rimandava al mittente doveva considerarsi automaticamente come nuovo abbonato e versare la relativa quota(10).
In questo scenario le non eccezionali tirature del giorno d’oggi sono vere e proprie chimere rispetto a quelle di 150 anni fa: nel 1867, per esempio, Il Presente aveva 200 abbonati a fronte di una tiratura di 700 copie, la Gazzetta di Parma poteva contare su 500 abbonamenti e su una tiratura sempre di 700 copie, miglior fortuna aveva Il Patriota, con ben 600 abbonati ed una tiratura di 800 copie. Dell’uscita di scena di questo quotidiano si giovarono naturalmente gli altri due concorrenti che negli anni Settanta si assestarono entrambi sulle 1000 copie vendute ogni giorno. Un'altra notizia sulla diffusione della stampa proviene dalle pagine stesse de Il Diavoletto, dove il direttore dichiarava con una punta di soddisfazione una tiratura di 700 copie settimanali.

NOTE
(1) Già durante il periodo transitorio della dittatura di Farini (giugno 1859 –marzo 1860) assistiamo all’uscita di un nuovo giornale – Il Municipio – e alla metamorfosi politica de L’annotatore, che divenne un appassionato sostenitore dell’unificazione con il regno di Sardegna e fu diretto dall’illustre letterato Giovanni Adorni, perseguitato dalle autorità durante il governo del duca Carlo III di Borbone.
(2) In realtà si può parlare di una privatizzazione parziale poiché la Gazzetta di Parma poté giovarsi dei finanziamenti del governo centrale, del Comune di Parma e della Provincia.
(3) Sulla storia della Gazzetta di Parma vedi B. MOLOSSI, La Gazzetta di Parma dal Settecento ad oggi, in G. CAPELLI, G. MARCHETTI, B. MOLOSSI (a cura di), Parma, vicende e protagonisti, Bologna, Edison, 1978.
(
4) A differenza di quanto accade oggi, il direttore di un giornale aveva prerogative di scelta della linea politica ed editoriale mentre la responsabilità civile e penale riguardo il materiale pubblicato gravava sulle spalle di una figura chiamata appunto “gerente” o “gerente responsabile” il cui nome e cognome doveva per legge apparire ben visibile all’interno del periodico.
(5) Per la sua attività politica nel Presente il professor Ferrero-Gola era stato allontanato dall’insegnamento e nuovamente reintegrato quando si era dimesso dalla direzione del giornale.
(6) La vicenda prese le mosse da un oscuro fatto di cronaca riportato sul numero del 5 agosto 1867 del Presente: il quotidiano riferì di una carrozza che aveva tentato di forzare il posto di blocco delle guardie daziarie presso Porta S. Barnaba (l’odierna Barriera Garibaldi). Questa carrozza proveniva da una casa d’appuntamenti ed era appunto di proprietà dell’Onorevole Torrigiani; non si seppe mai se il deputato fosse realmente a bordo e, da parte sua, il giornale non sostenne mai direttamente questa tesi. Riguardo al duello, fu lo stesso deputato a dissuadere il figlio dal portarlo a termine e, come prevedibile, non ebbe mai luogo.
(7) Il Capriccio era solito pubblicare, tra l’altro, divertenti storie in dialetto parmigiano.
(
8) Tra i collaboratori del periodico è opportuno segnalare Anna Maria Mozzoni (1837-1920), vera e propria antesignana del movimento per l’emancipazione femminile ed il poeta della Scapigliatura Milanese Iginio Ugo Tarchetti (1841-1865).
(9) A proposito di tipografie va sottolineato come i tre principali quotidiani (Gazzetta, Patriota e Presente) ne avessero una propria che stampava altre testate. Le più importanti tipografie a Parma furono la Ferrari (specializzata nella pubblicazione di periodici istituzionali), la Donati, la Carmignani e la Grazioli, il cui proprietario, Pietro Grazioli, fu altresì direttore di alcuni periodici come, ad esempio, L’Amico dell’Operaio. La stessa tipografia Grazioli, sita in strada Santa Lucia (l’odierna via Cavour) aveva annesso il primo negozio di articoli per la fotografia a Parma.
(10) Questo singolare metodo basato sul tacito assenso poteva ingenerare malintesi: poteva accadere, per esempio, che la proprietà del giornale esigesse il pagamento e che le copie in realtà non fossero mai arrivate al lettore che, quindi, non aveva potuto esercitare il diritto di recesso. Al contrario, se il lettore era poco onesto, poteva dichiarare di non aver mai ricevuto la prima copia del giornale e quindi rifiutarsi di pagare la quota d’abbonamento di un servizio di cui aveva effettivamente usufruito. In tal senso quasi tutti i periodici esaminati invitavano, solitamente verso la fine dell’anno e spesso in maniera minacciosa, i lettori morosi a regolarizzare la propria posizione.

 

  
 
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