NOTIZIE / 21.01.13 / CULTURA

"Storie della Prima Parma", inaugurata la mostra al Museo Archeologico

E' stata inaugurata alla presenza del sindaco Federico Pizzarotti, al Museo Archeologico, nel Palazzo della Pilotta, la mostra: "Storie della Prima Parma. Etruschi, Galli, Romani: le origini della città alla luce delle nuove scoperte archeologiche".
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Il MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, Direzione Generale per le Antichità e Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, con il fondamentale sostegno di FONDAZIONE CARIPARMA e con il contributo del COMUNE DI PARMA, promuovono l’iniziativa culturale “Storie della prima Parma”, consistente in un’esposizione presso il Museo Archeologico Nazionale di Parma – Palazzo della Pilotta, e in una serie di pubblicazioni ad essa collegate:
– Storie della prima Parma.  Etruschi, Galli, Romani: le origini della città alla luce delle nuove scoperte archeologiche, Catalogo della mostra.
– Storie della prima Parma, Guida breve alla mostra.
– Parma etrusca, volume di studi miscellanei
I volumi sono pubblicati per i tipi della casa editrice «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER, che è anche concessionario unico per la realizzazione dell’esposizione. Il catalogo è stato realizzato con il contributo della Associazione Nazionale Costruttori Edili di Parma.

Obiettivo primario dell’iniziativa, che coinvolge istituzioni pubbliche e private sia locali che a livello nazionale, unite nel comune intento di promuovere e diffondere la conoscenza dell’archeologia in ambito locale ed internazionale, è la presentazione di nuove scoperte di scavo avvenute in anni recenti nel territorio di Parma, scoperte che contribuiscono a ridisegnare il quadro storico finora noto per le fasi più antiche della città.


Per valorizzare nel senso più completo del termine tali ritrovamenti, si è scelto da un lato di offrire un consistente aggiornamento dei dati noti accompagnato da approfondimenti storico-critici attraverso una pubblicazione scientifica destinata agli specialisti, dall’altro una ‘restituzione’ degli stessi dati alla cittadinanza mediante un’esposizione temporanea rivolta al grande pubblico. Ciò nella convinzione che portare  fuori dal ristretto ambito accademico conoscenze – che entrino a far parte del patrimonio di tutti e contribuiscano all’acquisizione di una maggiore identità culturale – possa dare un maggiore senso all’attività di tutela condotta quotidianamente dalla Soprintendenza, agli oneri economici sostenuti dai tanti imprenditori che si trovano a confrontarsi con il problema dei rinvenimenti archeologici, ai piccoli disagi inflitti alla cittadinanza con l’esecuzione degli scavi.

Le fonti antiche ci raccontano che Parma, fondata come colonia romana nel 183 a.C., sorgeva su un territorio appartenuto prima agli Etruschi e poi ai Galli.
Sorta su un sito che all’attrattiva della disponibilità d’acqua e di terreno abitabile aggiungeva la posizione lungo antichissime vie commerciali che attraversavano la regione emiliana, Parma è pertanto una città nata più volte: per questo motivo parliamo di ‘storie’, alludendo a momenti di sviluppo della città che nel tempo hanno avuto caratterizzazioni diverse, determinando vere e proprie soluzioni di continuità e nuovi ‘inizi’ della sua vicenda storica.
Le scoperte archeologiche dell’ultimo decennio, rimaste finora inedite, hanno dunque riportato alla ribalta il ruolo del centro in epoca preromana nell’ambito della regione emiliana occidentale, da sempre ‘terra di confine’ posta tra l’Etruria propria e le culture dell’Italia settentrionale (Veneti, Liguri, cultura di Golasecca), nonché punto di passaggio obbligato per le comunicazioni con i Celti d’Oltralpe.


Si tratta di una serie di insediamenti di tipo stabile e di sepolture che si collocano intorno al centro urbano attuale e che testimoniano la continuità di occupazione a partire almeno dal VII secolo a.C. avanzato. Caratterizzati dalla presenza di materiali che denotano profondi legami con il mondo etrusco, questi ritrovamenti mostrano al tempo stesso connotazioni riconducibili a una ‘cultura mista’ determinata proprio dalla posizione della città e dal suo contatto con le diverse culture circostanti, e consentono pertanto di chiarirne meglio il ruolo storico anche nel più vasto ambito regionale.
Una stessa fortunata stagione di scavi e scoperte ha messo in luce i documenti archeologici della prima occupazione di Parma in epoca romana, dopo la ‘parentesi’ gallica durata per oltre due secoli e di cui soltanto ora sono state scoperte le prime testimonianze materiali.
È così risultato che, dopo l’intervallo del V e del IV secolo a.C., le cui scarse testimonianze  sembrano attestare la riduzione o la scomparsa dei centri abitati precedenti in corrispondenza con la prima presenza celtica nella pianura Padana, nel corso del III secolo il popolamento di Parma ha conosciuto un rinnovamento, in forme strutturate, con una concentrazione di tracce di abitato nel sito della città attuale, che preludono all’installazione della colonia nel 183 a.C.
È perciò nel contesto di un centro già formato, il quale in età gallica rivitalizzava il popolamento etrusco di età arcaica, che si installarono i coloni Romani. Di questa colonia gli scavi degli ultimi decenni hanno rivelato le testimonianze più antiche, sia dal punto di vista della vita civile che delle forme di culto,  dove meglio si esprime il confronto tra la cultura latina ed italica con il mondo celtico e ligure.
Grazie a un esemplare incontro tra i dati archeologici e le fonti letterarie (che in futuro avrà eco anche nei libri di scuola), viene così pienamente confermato il resoconto dello storico latino Tito Livio, che ricorda come “a Modena e a Parma furono fondate colonie di cittadini Romani, nel territorio che poco prima era stato dei (Galli) Boi, e prima ancora degli Etruschi”.

L’esposizione si articola in quattro sezioni, disposte lungo il percorso di visita alle collezioni storiche del Museo Archeologico, a partire dalla stanza che normalmente ospita il ciclo scultoreo giulio-claudio di Veleia.


Sala 1 – Sulle tracce degli Etruschi
Pannelli didattici e vetrine sono disposti a formare un teatro attorno a una grande carta del territorio di Parma che campeggia al centro della sala, sulla quale sono dislocati le scoperte archeologiche e gli scavi illustrati dall’esposizione, per lo più riferibili a un periodo compreso tra la fine del VII e gli inizi del V secolo a.C.
Sul lato destro vengono illustrate tematiche generali che riguardano la civiltà etrusca e la sua presenza nella pianura Padana: tramite apparati grafici fissi e immagini proiettate su uno schermo centrale il visitatore viene introdotto nel panorama storico e culturale che fa da cornice ai materiali esposti in mostra.
Una piccola gradinata a due ordini collocata sul lato opposto della sala, coronata dalle silhouette di tetti di capanne immaginate come un lontano sfondo, consente di sedersi a guardare la presentazione di immagini. Ai lati della gradinata due grandi spazi vetrati ospitano i materiali archeologici che meglio illustrano i legami della Parma arcaica con l’Etruria, nonché le svariate e possibili sfaccettature che tali rapporti potevano assumere, dalla presenza di persone che parlavano e scrivevano in etrusco (iscrizioni su vasi), agli scambi commerciali (le importazioni di bucchero con stampiglie), all’imitazione di forme e oggetti tipici, che segnalano così la vicinanza culturale dei due ambienti.


Sala 2 – Vivere in un villaggio dell’età del Ferro
Qui si affrontano le tematiche della vita quotidiana e del lavoro nei villaggi di Parma arcaica, tramite ricostruzioni grafiche e ambientali disposte ai lati di una rampa che consente di superare il dislivello fino all’accesso alla sala successiva.
Su un lato il visitatore viene illusoriamente introdotto (e posto a sedere, su dei sacchi di juta) nello spazio interno di una capanna di VI secolo a.C., immaginata in base ai resti di quella rinvenuta nello scavo di via Saragat: la riproduzione a terra di quanto messo in luce in scavo viene completata a parete dalla ricostruzione ipotetica del suo interno, mentre pannelli illustrativi disposti attorno spiegano quali sono le fonti di informazioni attraverso le quali possiamo immaginarci l’aspetto di queste abitazioni e il loro evolversi nel corso del tempo.
La metà destra della sala è invece occupata dalla riproduzione ambientale a grandezza naturale di un settore dello scavo di località San Pancrazio in cui è stato rinvenuto un grande impianto per la produzione della ceramica, caratterizzato dalla presenza di molteplici fornaci di cui rimangono le fosse delle camere di cottura con le pareti arrossate dal calore della combustione. Il funzionamento delle strutture antiche e la loro struttura in alzato viene invece illustrata e spiegata da pannelli disposti lungo le pareti.
Due vetrine espongono infine materiali provenienti dai villaggi parmensi di S. Pancrazio, strada Baganzola, via Saragat, Casalora di Ravadese, appositamente scelti per illustrare, oltre che la produzione di vasi e le sue caratteristiche, i principali aspetti della vita quotidiana, quali l’abbigliamento, la tessitura, la conservazione e il consumo dei cibi.


Sala 3 – Rituali sacri e funerari
Apre la sala l’esposizione di uno scheletro di bue, conservato all’interno di un pane di terra asportato in blocco in corso di scavo. Esso è stato rinvenuto assieme ad altri animali all’interno di una fossa in località via Saragat, dove – ai margini dell’area abitata – erano alcune sepolture. La posizione nella quale l’animale è stato trovato, con le zampe legate a due a due tra di loro, fa pensare che fosse stato ucciso e intenzionalmente deposto integro, forse come offerta alle divinità dell’oltretomba. Sulla parete al di sopra viene proiettato un video che illustra le principali fasi della scoperta, della ripulitura, del consolidamento e dell’asportazione dello scheletro stesso.
Ancora ai margini di una piccola necropoli è stata rinvenuta, in località Pedrignano (area SPIP), una grande quantità di vasellame in bucchero di forme e dimensioni del tutto particolari, che è stato possibile parzialmente ricostruire grazie al paziente lavoro dei restauratori della Soprintendenza. Si tratta di alti sostegni e di vasi di grandi dimensioni probabilmente utilizzati per cerimonie rituali legate al culto dei morti e poi intenzionalmente fratturati e raccolti all’interno di una grande fossa collocata in prossimità delle sepolture.
I corredi di due tombe a dolio rivenute in strada Baganzola, contenuti in speciali strutture espositive a teca destinate a rimanere nell’esposizione permanente del museo, servono a illustrare un aspetto tipico dei rituali funerari di VI secolo a.C. nella parte più occidentale della pianura emiliana. In questo periodo essa è infatti disseminata da piccole necropoli in cui tombe a inumazione entro fossa si mescolano a sepolture nelle quali le ceneri dei defunti vengono deposte in grossi contenitori (dolî) insieme a oggetti di abbigliamento in bronzo come fibule, ganci di cintura e pendagli. Una di quelle rinvenute più di recente a Casalora di Ravadese – esposta in maniera da riprodurre la situazione di scavo, con il dolio ancora sepolto e l’imboccatura appena affiorante dal terreno – doveva forse appartenere a un guerriero di origine straniera sepolto insieme al suo pugnale, in cui la particolare terminazione del fodero ricorda armi della zona alpina e transalpina nord-orientale.
A necropoli di un periodo leggermente più recente, datate tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C., si riferiscono le tombe recentissimamente scoperte in località Botteghino, dove si riscontra invece l’uso di coprire le sepolture con grandi calotte di terra, fino a formare i cosiddetti tumuli, presenti sia in molte culture dell’Italia antica, che nel mondo celtico transalpino. Spesso completati da recinti e palizzate, i tumuli funerari racchiudevano le sepolture di più individui membri di uno stesso gruppo familiare, di cui celebravano l’importanza proprio con la loro caratteristica di ‘marcare’ il paesaggio e di essere visibili anche da lontano. I corredi della necropoli di Botteghino sottolineano inoltre - con la presenza di ornamenti in ambra, corallo e conchiglie - i legami di carattere ‘internazionale’ che queste famiglie altolocate intrattenevano con il mondo mediterraneo, tramite doni reciproci o scambi commerciali.
Conclude la parte dell’esposizione relativa alla fase preromana di Parma un gruppo di piccole teche inquadrate da un ricco apparato illustrativo, nelle quali sono esposti vasi, frammenti ceramici e ornamenti in bronzo che per la loro forma o decorazione si avvicinano a quelli prodotti nelle aree culturali limitrofe, come quella veneta e ligure, o quella celtica della cosiddetta cultura di Golasecca. A dimostrare che, sebbene profondamente etruschizzati, i villaggi della Parma arcaica erano collocati in “territorio di frontiera” esposto a molteplici influenze, nonché alla possibilità di un popolamento misto proveniente dalle regioni circostanti.


Sala 4 – Un nuovo inizio: la romanizzazione
Con l’ultima sala si intendono illustrare il processo di formazione che porta alla costituzione della colonia romana di Parma nel 183 a.C. e le prime fasi di vita della città fino al triste periodo delle guerre civili, quando essa, schierata con il Senato, venne distrutta dalle soldataglie di Marco Antonio.
Il passaggio di quasi due secoli che porta dal popolamento sparso dell’età del ferro alla costituzione di un villaggio unico e stabile presso un guado del torrente Parma nel III secolo a.C. e poi alla fondazione coloniaria, viene simbolicamente scandito da un ponte in legno che attraversa il corso del fiume e insieme quello del tempo. A destra del ponte sono esposti prima i reperti relativi agli strati più antichi della città, attribuibili al villaggio dove Galli e Liguri convivevano ma in cui già giungevano anche importazione da area centro-italica, poi tre grandi falci in ferro rinvenute sovrapposte l’una sull’altra, deposte secondo un probabile rito di fondazione di origine celtica.
Il ponte conduce verso il guado del torrente Parma: il corso del fiume è reso grazie a un effetto multimediale proiettato sul pavimento, nel quale le due vetrine di quest’area sembrano immerse. Esse espongono i reperti del recentissimo scavo presso piazza Ghiaia, dove è venuta in luce una grande stipe votiva piena di reperti in metallo (statuette, elementi decorativi e di abbigliamento, placchette iscritte, oggetti simbolici, tutti spesso frammentari) e moltissime monete. Si tratta della testimonianza di un rito di passaggio che consisteva nel sacrificare alla divinità fluviale un obolo per garantirsi la buona sorte: le monete si datano a partire dalla fine del III secolo a.C., quindi all’epoca del villaggio gallico, e arrivano fino alla prima età imperiale.
Un altro importante santuario di età repubblicana, datato tra III e II secolo a.C., era collocato dall’altra parte della città, in viale Tanara. Dedicato a divinità femminili, probabilmente Cerere e Proserpina, ha restituito statuette in terracotta e, da un pozzo sacro, una palla in legno, reperto rarissimo che rappresenta l’offerta di una fanciulla che passava dalla pubertà all’età adulta.
L’ultima vetrina, ricca di numerosi reperti in ottimo stato di conservazione provenienti dallo scavo della Sede della Cassa di Risparmio, documenta la vita della colonia in età repubblicana, con le ceramiche locali, quelle d’importazione e i reperti architettonici provenienti dal Capitolium, il principale tempio della Parma romana.
L’esposizione si conclude con la foto dell’epigrafe monumentale di Lucio Mummio, il conquistatore di Corinto del 146 a.C. e forse uno dei protettori della città, il cui originale è esposto nella sala al piano inferiore del Museo, e con la tabella bronzea su cui è incisa la legge che sancisce il raggiungimento della cittadinanza romana da parte degli abitanti della Gallia Cisalpina.


NOTIZIE UTILI


Sede: Museo Archeologico Nazionale di Parma – Palazzo della Pilotta
Strada alla Pilotta 5 – 43100 Parma

Durata: 12 gennaio 2013 - 2 giugno 2013

Promossa da: MiBAC - Direzione Generale per le Antichità
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna
Fondazione Cariparma

Main sponsor: Fondazione Cariparma

Con il contributo di: Comune di Parma
 Gespar s.p.a.
 Buia Nereo s.r.l. – Costruzioni Edili

Da un’idea di: «L’Erma» di Bretschneider s.p.a.

Curatori della mostra: Daniela Locatelli (Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia R.)
Luigi Malnati (Direttore Generale per le Antichità)
Daniele F. Maras (Sapienza Università di Roma)

Segreteria organizzativa: Cristina Longhi (Direzione Generale per le Antichità)

Progetto espositivo: Tiziana Morana, Maurizio Noè
(Direzione Generale per le Antichità – Centro Progetti Museali)

Editoria: «L’Erma» di Bretschneider s.p.a.

Ufficio stampa: StudioBegnini – Roma
 con la collaborazione di:
 Ufficio comunicazione con i media della Soprintendenza (Carla Conti)
 Ufficio stampa della Fondazione Cariparma (Giovanni Fontechiari)
 Ufficio stampa del Comune di Parma (Gian Carlo Zanacca)

Catalogo: «L’Erma» di Bretschneider
con il contributo di Gruppo Costruttori Edili – Parma

Guida breve: «L’Erma» di Bretschneider
con il contributo di Fondazione Cariparma

Orari: martedì - venerdì: ore 9,00-17,00 (la biglietteria chiude alle 16,30)
sabato, domenica e festivi: ore 12,30-19,30 (la biglietteria chiude alle 19,00)

Biglietto: Intero: € 4,00
Ridotto: € 2,00 per i giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni e per gli insegnanti di ruolo nelle scuole Statali italiane.
Gratuito: per i cittadini minori di 18 anni e di età superiore a 65 anni, residenti nell'Unione Europea o in Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera, nonché per i giornalisti e per particolari categorie di studenti e insegnanti.

Numeri utili: Museo Archeologico Nazionale di Parma
 tel. (+39) 0521 233718
 fax (+39) 0521 386112
 e-mail: sba-ero.museoarchparma@beniculturali.it
 http://www.archeobo.arti.beniculturali.it/parma/index.htm

 «L’Erma» di Bretschneider
 tel. (+39) 06 6874127
 e-mail: lerma@lerma.it
www.lerma.it
 

 


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