NOTIZIE / 10.03.15 / FAMIGLIA E PERSONA

Di mafia si può morire, anche per sbaglio

Ultimo appuntamento di “ConCittadini Con Legalità”: Margherita Asta ha incontrato gli alunni della Fra’ Salimbene.

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L’incontro con Margherita Asta alla scuola secondaria di primo grado “Fra’ Salimbene” ha concluso il ciclo “ConCittadini Con Legalità”, che ha visto alcuni familiari di vittime di mafia incontrare i ragazzi delle scuole medie di Parma nell’ambito del progetto proposto da Regione Emilia Romagna e Comune di Parma, tramite l’associazione “Libera”, fondata da don Luigi Ciotti.

Protagonista dell’incontro alla scuola di borgo Felino è stata Margherita Asta, che ha perso la mamma Barbara Rizzo e due fratelli gemelli di sei anni, Salvatore e Giuseppe, nell’attentato di mafia contro l’allora sostituto procuratore Carlo Palermo, avvenuto il 2 aprile 1985 a Pizzolungo, vicino a Trapani, dove verrà creato un parco della memoria.

Salvatore, Giuseppe e la mamma Barbara, diretti a scuola, hanno avuto il solo torto di trovarsi con la loro utilitaria, una Volkswagen Scirocco, al momento sbagliato nel posto sbagliato, fra l’auto del magistrato e quella della scorta, quando gli assassini hanno azionato il detonatore.

Margherita Asta, unica sopravvissuta della famiglia insieme al padre, si commuove ancora nel raccontare quel che successe ai suoi cari trent’anni fa.

“Ma è mio dovere portare questa testimonianza – ha detto Margherita ai ragazzi di terza F e terza C della scuola Fra’ Salimbene – perché la mafia si vince se non si nasconde la testa sotto la sabbia, se tutti siamo consapevoli che occorre attenzione, vigilanza e fare terra bruciata attorno alla cultura mafiosa, di cui neppure Parma e L’Emilia Romagna sono indenni”.

Accompagnata da Carlo Cantini di “Libera” Parma (era assente il vicesindaco Nicoletta Paci per ragioni di salute), Margherita ha descritto il “percorso lungo e doloroso” che ha dovuto affrontare per prendere coscienza di una tragedia che le ha “cambiato la vita” e della quale non è mai facile parlare: “In Italia – ha detto – si contano 900 vittime di mafia, con tante famiglie in attesa di verità e giustizia. Per questo ritengo che sia mio dovere portare la mia testimonianza insieme a Libera.

Io avevo 10 anni, la mamma 31 e i miei fratelli 6 – ha ricordato Margherita – quando gli assassini schiacciarono quel maledetto pulsante che dilaniò letteralmente i corpi dei miei cari. Mi dissero che erano volati in cielo per un incidente, ma ben presto intuii la terribile verità, che si mostrò cruda ai miei occhi quando passai successivamente sul luogo dell’attentato.

Al funerale c’erano tre bare allineate e tanta gente che mostrò affetto e solidarietà, ma poi, come sempre succede, con il tempo ognuno ha ripreso a coltivare il suo orticello e noi abbiamo fatto i conti con la nostra tragedia familiare. Ce l’avevo anche con il giudice Palermo – ha affermato Magherita – colpevole solo di essere il destinatario di un agguato mal riuscito. Per fortuna l’ho incontrato a Trento nel 2006 con don Luigi Ciotti, e mi ha confessato che si era sentito “condannato a sopravvivere”.

L’incontro si è concluso con l’invito rivolto ai ragazzi a partecipare all’appuntamento con la manifestazione nazionale di Libera a Bologna il 21 marzo “per dare dignità alle vittime di mafia, per andare a testa alta e difendere la libertà e la giustizia anche con i nostri comportamenti quotidiani”: “Forse – ha concluso Margherita, che vive a Parma dal 2010 – se ciascuno di noi prova a cambiare, ce la faremo”.


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