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“Quella di Paolo Borghi è una biografia artistica emblematica. Scultore di due secoli, quello appena trascorso in cui, anche per suo merito, si è imposta una decostruzione della modernità che ha fatto vedere oltre ogni apparenza, oltre ogni possibile fantasia un litorale inedito, e quello presente in cui la figura e l’opera dello scultore si presenta ammantata di un’aura eroica, una epicità remota che fa irrompere sulla scena contemporanea il passato, attualizzandolo, Paolo Borghi è un protagonista di prima grandezza di questa disciplina plastica, dell’arte della scultura”. Lo ha sottolineato lo storico dell’arte Rolando Bellini, nel presentare la mostra “Paolo Borghi.

Le radici della scultura” che è ospitata sui due piani di Palazzo del Governatore di Parma, con il patrocinio del Comune di Parma, è organizzata dalla Galleria Planetario – Trieste e da Radin contemporary art – Budapest con il contributo di Caggiati e sarà aperta al pubblico dal 17 giugno al 30 luglio, da mercoledì a domenica (con orario 10-19) ad ingresso libero.

Il Vice Sindaco e Assessore alla Cultura Lorenzo Lavagetto ha sottolineato come “Parma offre le radici, ma anche le ampie ramificazioni e i sentieri che l’arte di Paolo Borghi ha percorso durante la sua lunga attività. Palazzo del Governatore ospita un’antologica che racchiude un percorso, direi completo e rappresentativo, di un artista internazionale che, siamo certi, impreziosirà l’offerta culturale della prossima estate, che sarà una stagione davvero ricca e multiforme in cui Parma si proporrà come meta attraente sia per chi già la conosce, sia per chi la vorrà raggiungere e scoprire”.

“Radici della scultura di Paolo Borghi, radici nella scultura motivate dalla sua stessa forma, dalla formatività che ne discende e la cui rivelazione domanda l’attraversamento di una soglia: non quella di Wind anelante all’estetica instabile né quella panofskiana dell’iconologia fine a sé stessa e invece quella recitata dal kantiano Fiedler”, scrive nella sua nota critica in catalogo, Rolando Bellini. Istanza ripresa in parte anche da Giorgio Cortenova che ne scriveva nel 2002, un bel catalogo Mazzotta. Secondo quest’ultimo l’artista varesino che è stato fra i protagonisti di prima grandezza della svolta post-moderna, fianco a fianco, per non fare che un solo nome, a Paolo Portoghesi, “conosce bene i sortilegi della scultura”. E ancora, sostiene Cortenova: “Conosce, [… Paolo Borghi] il miracoloso apparire della forma, quel suo farsi spessore della memoria”; quel suo essere esplicitazione di “quella sua fuga utopica nel sogno che non ritorna”, dove governa “l’infinita perseveranza dell’idea”. Scrive sempre nel catalogo di quest’esposizione Bellini: “Quella di Paolo Borghi è una biografia artistica emblematica. Scultore di due secoli, quello appena trascorso in cui, anche per suo merito, si è imposta una decostruzione della modernità che ha fatto vedere oltre ogni apparenza, oltre ogni possibile fantasia un litorale inedito, e quello presente in cui la figura e l’opera dello scultore si presenta ammantata di un’aura eroica, una epicità remota che fa irrompere sulla scena contemporanea il passato, attualizzandolo, Paolo Borghi è un protagonista di prima grandezza di questa disciplina plastica, dell’arte della scultura. Si comprende così il suo portato alla svolta post-moderna, la sua attualità”.

Le opere in mostra, dall’”Isola sospesa aperta” (1985) alla scultura in onice bianco “Vortice” (2023) testimoniano quanto asserito dai due critici d’arte e che è variamente riproposto da non pochi autori – come si può rilevare nella “fortuna critica” dell’artista – e naturalmente vengono a confermare la statura unica dell’artista.

Paolo Borghi

Paolo Borghi esordisce nel 1959 - 1960 col grande Cristo Re in bronzo h. mt 6,20 per la cattedrale di Esmeraldas, Equador. Si lascia alle spalle una formazione braidense tra Accademia di Brera e Castello Sforzesco di Milano. Prim’ancora è stato apprendista presso l’atelier del padre, orafo, dove sperimenta un po’ tutte le tecniche del trattamento dei metalli. È dunque un figlio d’arte, attinge a una tradizione familiare.

Negli anni compresi tra il 1960 e il 1970, guadagnando di anno in anno una maturità piena e con essa un lessico compiuto, Borghi chiude il decennio con opere come la porta in bronzo per la chiesa parrocchiale di Rovellasca realizzata nel ’69.

Quanto ha maturato viene frantumato e ricomposto criticamente dallo stesso artista dopo il 1970, nel tempo delle sculture in legno, decennio che si chiude con una mostra personale al Museo di Milano di via Sant’Andrea, presentato in catalogo da Franco Solmi, su invito dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano.

Il cruciale ritorno ai Greci antichi, ai loro riti e miti, risale agli Anni ’80, ne sono testimonianza in mostra opere quali L’isola sospesa (1985, bronzo), L’isola sospesa aperta (1987, bronzo) e Follia sapienzale (1990, marmo statuario). Nel 1986, è invitato da Maurizio Calvesi alla Biennale di Venezia dove espone due grandi marmi, La piramide di Apollo e L’Isola sospesa.

Durante gli anni ’80 Paolo Borghi passa quindi con disinvoltura estrema dal marmo al bronzo, a cui si aggiunge, nel 1989, la terracotta. È un virtuoso della tecnica. Al tempo stesso è un innovatore.

I disegni dell’artista – di cui si espongono cicli che vanno dal 1988 ai più recenti – vengono a dichiarare il fare metamorfico che salda la figura alla natura. È il disegno di Paolo Borghi rispecchiamento di “ciò che immagina”, per dirla con Edward Lucie-Smith (il quale ne scrive nel 2002); è testimonianza di una “struggente aspirazione” che investe di sé la dimensione tridimensionale, la sua stessa scultura, irrorandola di una vitalità panica. Nuove esplorazioni, altre e nuove sperimentazioni plastiche vengono per Borghi allo scadere degli anni Novanta con opere come Le Alpi (1996, bronzo), La valle dell’Eden (1998, bronzo), L’Isola nel fianco (2002, bronzo).

Il nuovo secolo e millennio vede Paolo Borghi concentrarsi su più fronti che vanno dalle figure sospese, sempre in bronzo con campiture policrome, a sculture che nascono da piante morte raccolte nel bosco e da legni e radici consumati nel tempo da funghi e insetti e che da questi si evolvono acquisendo una forma compiuta. Dell’attività ultima si ha testimonianza in mostra con opere come Dentro la forma, Vortice e Grande cuore (2023, bronzo).

Paolo Borghi Le radici della scultura 17 giugno  – 30 luglio  2023 Palazzo del Governatore (Parma)

Ingresso gratuito Orari di apertura: Da mercoledì a domenica e festivi dalle ore 10 alle 19 (ultimo ingresso 18.30)

Per informazioni: Assessorato alla cultura del Comune di Parma info.cultura@comune.parma.it

Catalogo in vendita presso: IAT R – Ufficio Informazione e Accoglienza Turistica di Parma Tel. 0521-218889 Info: turismo@comune.parma.it

Ufficio stampa: Galleria Planetario / Aps comunicazione tel. 040 410910 / Federica Zar 3482337014.


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Ultimo aggiornamento: 16-06-2023, 20:24